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mercoledì 2 novembre 2022

È meglio che i ricordi muoiano presto

“La tragedia della vita è non che le cose belle muoiono presto, ma che diventano vecchie e immiserite”. Dopo un romanzo di bevute, e di passione – oltre ai morti, è pure un giallo.

Il più lungo, alla vista perfino prolisso, presentandosi in 53 capitoli, dei grandi racconti di Chandler e forse il più appassionante. Non il giallo svelto, da risolvere, ma un dramma di caratteri. Partendo dall’alcol, che negli anni del romanzo, i 1950, bruciava molta letteratura in America, dramma, poesia, narrativa, anche delle donne. E anche autobiografico, nell’amore che invecchia,   nel personaggio dello scrittore Roger Wade, forte bevitore, in crisi creativa.

L’intreccio si muove tra mille accadimenti, anche morti naturalmente, che Marlowe deve decifrare. Nel dolore per un amore, o ideale di bellezza, che c’è e non c’è. Lungo, complicato, e tuttavia scorrevole. Di un autore di cui Adelphi fa la riedizione, dopo la prima scoperta, di Oreste Del Buono e Attilio Veraldi cinquantanni  fa, e la ripresa di Laura Grimaldi venticinque anni fa – nel mezzo alcuni tentatitvi di Roberto Pirani. Di cui è stato detto : “Chandler scriveva come se il dolore si sentisse davvero e come se la vita avesse davvero un senso”. Uno scrittore, non un giallista. Che il genere giallo ha portato al livello mainstream, letterario - più e meglio di Hammett, altro forte bevitore. in parte sopravvalutato per la biografia: agente Pinkerton dapprima, antisindacalista, poi comunista, perseguitato dal governo, anche col carcere, “portato”, in vita e postumo, dalla moglie Lilian Hellman, la commediografa. Qui pratica sornione, al cap. 328, lo stream of consciousness, rimproverandoselo: “Tre aggettivi, schiappa di scrittore. Non sai nemmeno il flusso di coscienza schiappa di scrittore senza limitarlo a tre aggettivi, perdio?” Detto allo scrittore pseudonimo.

Chandler, molto “inglese”, molto “polite”, nella forma verbale e in quella sentimentale, è però nero al fondo, e sa essere rapido. Al cap. 28 usa tutte le parole della pornografia per descrivere una scena pulitissima, e tuttavia “sessualizzata”, voyeuristicamente. “La legge non è la giustizia”, spiega l’avvocato a Marlowe in carcere: “È un meccanismo, molto imperfetto Se premi esattamente i bottoni giusti e sei anche fortunato, la giustizia può fare capolino nella risposta”. Il signor Spencer, il cliente di Marlowe, ride spesso, e per questo risulta simpatico: “Il suo riso e la sua voce erano entrambi piacevoli. Parlava al modo che i newyorchesi usavano prima che imparassero a parlare Flatbush” – dal vecchio quartiere di Brooklyn. O l’indolenza dei ricchi, derivata dall’inappetenza:” C’è sempre qualcosa da fare se non devi lavorare o stare attento ai conti. Non è un grande divertimento ma i ricchi non lo sanno. Non ne hanno mai avuto uno. Non vogliono niente assolutamente, se non forse la moglie altrui, e quello è un desiderio molto pallido in confronto a come la moglie dell’idraulico vuole tende nuove per il salotto”. Col fascino già del telefono, della chiamata che non arriva, dell’apparizione da remoto - certo, non l’adorazione di oggi, ma l’attesa c’era già.  

Raymond Chandler, Il lungo addio, Adelphi, pp. 437 € 24

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