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domenica 27 agosto 2023

L’America e la fine di tutte le guerre

Grandi sedute di trucco, questi documentari mettono soprattutto in risalto quanto il cinema sia “falso”, come scriveva a suo tempo il dimenticato Soldati: sia la bellezza delle attrici, di fondotinta polverosi, sia il ghigno macho -  e i fondali di cartone, gli ambienti bassi senza soffitto, gli effetti giorno di notte? Ma si vede come, e (allusivamente) anche perché, “Oppenheimer”, la scelta di santificare il personaggio. Si vede dai particolari: p.es. il trucco più pesante di Gary Oldman per fare di Truman una macchietta, un presidente-per-caso, e un po’ non-americano. Oppenheimer mostrato da ragazzo somigliante a Bob Dylan, e altre accattivanti trovatine. C’è anche Nolan nel docufilm: non dice niente di particolare, ma fa vedere che sa di cosa stiamo parlando, di come e perché ha concepito il suo santino Oppenheimer.

Curiosamente esplicita la presentazione del documentario su “Sky Guida tv”: “La genialità, l’arroganza e l’implacabile impulso di un uomo hanno cambiato per sempre la natura della guerra, portando alla morte di migliaia di persone”. Non di un uomo, di un paese (storia, “natura”, interessi), non di migliaia, di centinaia di migliaia e milioni in un colpo solo. E non per caso.
Ci sono testimonianze, di un parente (nipote?) di Oppenheimer, del solto sopravvissuto di Hiroshima, dello stesso regista e architetto del film Nolan, ma senza toccare il senso del progetto Manhattan, la sua essenza. Certificata poi da ottanta anni ormai di storia: come costruire un impero, con un botto solo. Non una bomba, due. Non in contemporanea, a distanza.
Ci sarebbe, c’è, molta materia per molti film sui due bombardamenti atomici, ma non si usa. Si sono imbastite tante sante storie sul pilota dell’“Enola Gay”, il Boeing B 29 Superfortress di Hiroshima, che forse aveva una coscienza e forse si è fatto frate. E quello del “Bockscar” tre giorni dopo, che sapeva cosa trasportava? E che nomi graziosi sulle due bombe, “Little Boy” la prima, “Fat Man” la seconda, quasi una poesia.
Il docufilm non dice nulla di tutto questo. Ma trasuda fatica. Quella dell’artificio (il cinelma è artificio, Soldati e tutti quanti) costeggia (nasconde? copre?) quella della vicenda: la “fine di tutte le guerre” è l’impero americano.
Christopher Cassel, To end all war: Oppenheimer and the atomic bomb. Sky Documentaries

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