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mercoledì 31 gennaio 2024

Una spia anti-sistema

Carabiniere-spia conclamato fin dall’inizio della ferma, a 21 anni. Famoso e cbiacchierato per un incontro in autostrada con Matteo Renzi, immortalato in una foto da una professoressa. Prepensionato – a causa di questo incontro - a soli 61 anni (ma con 40 di contributi, il presidente del consiglio Draghi ha fatto il calcolo giusto). In realtà al centro di varie e vere avventure da servizi segrati, non la conversazione all’aperto, fotografata dalla professoressa.
Questa pare sia autentica, la professoressa, e abbia immortalato e diffuso l’incontro all’Autogrill in odio a Renzi, da militante Pd, e non da collega concorrente di Mancini nei servizi segreti – anche se lo conosceva, evidentemente. Ma Mancini è stato uomo d’azione. Al centro del rapimento a Milano di Abu Omar, un egiziano oppositore del regime in Egitto. E al centro delle intercettazioni Tim vent’anni fa. Quello, cioè, tra i tanti funzionari dei servizi segreti, più implicato nei due scandali, a cui sono seguiti due processi. Il primo finito in Corte Costituzionale, con la pronuncia in favore dell’opponibilità del segreto di Stato in sede penale. Il secondo finito, dopo tre anni di processi mediatici, anche furenti, con la non procedibilità già in sede di giudizio preliminare, causa segreto di Stato. Una spia vera, insomma, che non nega di avere fatto quello di cui è stato accusato, ma lo ha fatto per ragioni superiori.
Da uno con questa esperienza ci si sarebbe aspettato, dopo il pensionamento, un po’ di veleno. Un po’ alla Mori e De Donno, gli ufficiali dei Carabinieri che alla pensione si sono tolte qualche soddisfazione sui “veleni di Palermo”, la mafia dell’antimafia. Queste memorie invece, benché prolisse, non ne mostrano. Solo, da vero Carabiniere, “nei secoli fedele”, prospettano un ruolo e un’attività che non si penserebbe a difesa dell’Italia. Paese spensierato, che si pensa senza nemici.
Mancini parte dall’antiterrorismo, ventunenne brigadiere assegnato a Milano alla Sezione Speciale Anticrimine del generale Dalla Chiesa. Operativo contro il gruppo Walter Alasia delle Br, quelli che ammazzavano i dirigenti industriali, i cui componenti avrebbe contribuito ad arrestare nella totalità. E contro Prima Linea, con la cattura personale del capo, Sergio Segio. Dal 1984 attivo nel Sismi, il controspionaggio, con un suo proprio sistema, “contrasto offensivo”, o giocare d’anticipo. Nei paesi dell’Est, per smascherare spie sovietiche. In Medio Oriente, e in Africa. A Beirut la neutralizzazione di un terrorista di Al-Qaeda in procinto di piazzare 400 kg. di esplosivo nei pressi dell’ambasciata per farla saltare. Altrove nei tanti problemi posti dai taglieggiamenti alle organizzazioni umanitarie italiane, compresi i rapimenti a scopo di estorsione - organizzando reti clandestine locali di informatori (in Africa, come in Afghanistan, costano poco).
Memorie di avventure. Che l’ex spia vuole serie: “Sventare attentati e impedire conflitti” è il motto che impone al lettore. E uno vorrebbe credergli. Le spie non sono simpatiche, quando non sono cattive sono sbruffone - le tante spie-scrittori inglesi. Ma di fronte alla giustizia alla milanese (Abu Omar, Tim-Telecom), e alle professoresse democratiche, uno non può che tifare. Anche a cospetto delle burocrazie dei servizi, tra Aise, Aisi e Dis, di cui non mette conto spiegare.
Marco Mancini
, Le regole del gioco, Rizzoli, pp. 384, ril. € 19

 

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