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venerdì 14 dicembre 2012

La crisi è tedesca.

Questa Grande Crisi ha una causa specifica. Non i fallimenti bancari che l’hanno originata, e che in qualche modo sono stati delimitati.  Ma il rigore di bilancio che la Germania, forte di un suo piccolo vantaggio rispetto agli altri partner europei, ha imposto per scivolamento dalla crisi bancaria, tutto e subito. È così che la crisi vede tutti gli altri sofferenti e solo la Germania indenne, con i suoi vassalli attorno al Baltico.
Si dice che la Germania ha il vantaggio di avere liberalizzato all’estremo il lavoro, ha milioni di minijob a 400 euro al mese, ma non è vero. Ha il vantaggio di poter spendere, unico paese europeo, per esempio per il sostegno sociale a chi lavora per 400 euro, mentre impone agli altri terapie radicali. E ha soprattutto il vantaggio della straordinaria inettitudine politica di Francia, Italia e Spagna che glielo consentono. A fronte di argomenti pretestuosi e derisori, perfino comici, che di volta in volta avanzano il presidente della Bundesbank Weidmann o il ministro dell’Economia Schaüble.
All’inizio della crisi europea, nel 2010, l’intervento fu rapido e adeguato per tamponare l’Irlanda: 85 miliardi in tre anni, senza se e senza ma, di cui 35 per salvare le banche e 50 per alleviare il debito. Nella successiva crisi della Grecia, Angela Merkel ha visto una leva per mettere in difficoltà le economie europee concorrenti, l’Italia per prima, la Francia e anche la Spagna, e non consente nessuna soluzione. Previo l’autostrangolamento.


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