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venerdì 19 aprile 2013

La guerra non può essere pacifica


Nel 1943, poco prima della morte a Londra, Simone Weil riconosce l’errore, “il mio errore criminale di prima del 1939”, pacifista di fronte a Hitler. Un pacifismo di cui ora è in grado di vedere “l’inclinazione al tradimento”, facile preda della propagande, dei servizi d’informazione nemici, segreti e non. Le “Riflessioni sula guerra” sono pacifiste, sul presupposto non smentibile che la pace è sempre meglio di una guerra. Ma se ci fanno la guerra? Nel suo pacifismo Simone Weil si era spinta a contestare la guerra rivoluzionaria, o di liberazione, o giusta.
Il volumetto è la riedizione della raccolta già uscita con lo stesso editore nel 2005, di lettere, note e articoli. Nel mezzo due testi, una “Meditazione sull’obbedienza e la libertà”, a proposito del paradosso della servitù volontaria di La Boétie, contro Stalin. E alcune “Riflessioni sulla barbarie”, contro Hitler. Un testo intermedio, “Riflessioni in vista di un bilancio”, dopo l’invasione della Cecoslovacchia, è meno autocritico che impegnato sulle cose da fare. L’inguaribile fiducia la porta a un’analisi che si rivelerà profetica: i sistemi totalitari hanno la debolezza di dover mantenere “uno stato di mobilitazione permanente”, pena il crollo.
Qua e là di fa strada il concetto di “forza”, enucleato ancora meglio altrove, “L“Iliade” o il poema della forza”, che è più “veritiero” sulla guerra e la pace. Domenico Canciani, pedagogista, grande “weilista” (“La passione della verità”, Il coraggio di pensare”), ne fa una notevolissima critica nel saggio “Simone Weil dal pacifismo alla Resistenza”, online..
Simone Weil, Sulla guerra, Il Saggiatore, pp. 155 € 9,50
Domenico Canciani, Simone Weil dal pacifismo alla Resistenza, online

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