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giovedì 18 aprile 2013

Storia di De Magistris, il novissimo


Poiché imperversa il “nuovo”, val la pena fare la storia di De Magistris, il “novissimo” subito naufragato a Napoli – portandosi dietro purtroppo la città, che in questi giorni ospita la prestigiosa America’s cup, ma nessuno la sa o gliene frega. L’ex giudice non ha l’inventiva dell’ex comico, ma più rapidamente è riuscito a ottenere quello che voleva, il comando della sua città. Se non che la sua storia è semplice, troppo, si capisce che non sappia che fare. Una storia di carrierismo e di fallimenti, da ultimo l’inabissamento di Napoli, e il suicidio del giudice D’Amico, da lui accusato e vilipeso sapendo che era innocente.
Benché nobiltà di toga - “magistrato figlio di magistrato, nipote di magistrato”, come amava definirsi in carriera - De Magistris era stato confinato a Catanzaro. Succede, anche i magistrati di toga, anche i napoletani, all’inizio li mandano lontano. Ma impaziente volle bruciare le tappe attaccandosi alla politica. A casaccio, cioè senza appigli reali. E a sinistra – allora il giudice non nascondeva le simpatie destrorse che il giustizialismo comporta. Liquidò la giunta regionale, che in Basilicata è di sinistra, e mezza Procura di Potenza. E si attaccò al governo Prodi.
Della caduta del governo Prodi nel 2008 De Magistris fu l’autore e non De Gregorio, con parole e opere. Con atti giudiziari avventati e abortiti, cioè, ma con molte interviste. Spesso da Santoro, alla Rai. Col patrocinio di Di Pietro, altro fascistoide finito a sinistra. Per abbattere Prodi puntò, da napoletano verace, contro l’intruso Mastella, che è di Benevento e di Prodi era ministro della Giustizia, addirittura. A Prodi e Mastella fece ascendere una non precisata “loggia massonica coperta a San Marino”, costituita allo scopo di gestire i fondi europei per la formazione professionale in Calabria. Una cosa molto ridicola, ma è difficile dimostrare l’inesistenza di una “loggia massonica coperta a San Marino”, e questo bastava ai suoi patrocinatori in Rai per avere ragione. Tanto più che a De Magistris i testimoni d’accusa non mancavano, un lui e una lei imputati e condannati per la cattiva gestione degli stessi fondi.
Per un paio d’anni De Magistris fece la legge sui grandi giornali e alla Rai. Finché non ottenne l’agognato trasferimento a Napoli. E poiché i suoi ex colleghi a Catanzaro ne ridevano, li denunciò alla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Che pronta mandò una colonna mobile di notte a Catanzaro, 425 km, 850 andata e ritorno, a occupare la cittadina e perquisire gli uffici giudiziari – da qui la disgrazia costata la vita al giudice D’Amico.
A Santa Maria Capua Vetere De Magistris doveva il colpo da maestro contro Mastella – e Prodi. Non potendosi nulla contro Mastella, quella Procura aveva messo sotto accusa la moglie di moglie di Mastella. Il ministro della Giustizia reagì nervoso, e il governo cadde. Le tre inchieste di De Magistris invece furono tutte rigettate dal giudice istruttore.
Il problema con De Magistris è che la sua non è una storia isolata. E anzi fa opinione.

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