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mercoledì 22 gennaio 2014

Ancora uno sforzo

Giunti al franco tiratore come migliore strumento e invincibile si è forse passato il limite: il voto segreto contro Prodi non fu un colpo di luna ma una prova generale. La politica “migliore” si vuole di passo, di agguati e cecchini, fantasticandosi Robin Hood, ma di cause perse, in realtà da briganti con la patente. Non si capisce cosa sta succedendo al Pd, ma quello che si capisce è orrido.
Renzi agisce come trickster dei Democratici. Il bambino di Andersen che dice quello che tutti vedono e non osano, che il re è nudo. È il ruolo che ha fatto il successo di Berlusconi e Renzi, giustamente, vuole uscire dalla sudditanza culturale. Sembra quindi un passo semplice e dovuto. E invece è una spoletta, un innesco esplosivo.
Sulla legge elettorale, la riforma delle Camere, i costi della funzione politica, tutte cose ovvie, gli altri Democratici non sanno cosa vogliono, ma sono “decisi a tutto”. Si può dirla la sindrome del suicidio collettivo,  muoia Sansone con tutti i filistei. Ma non è così: questi vogliono che noi moriamo, loro s’immortalano.
Il marchese di Sade, rivoluzionario rinchiuso alla Bastiglia, non si dava per vinto e incitava: “Francesi, ancora uno sforzo!” Il partito Democratico non ne avrebbe bisogno. Ha massimo garante della democrazia il suo esponente migliore, inamovibile al Quirinale per altri sei anni, un’eternità. Ma allo sforzo sembra ambire ugualmente, per il disfacimento.

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