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domenica 21 giugno 2015

Secondi pensieri - 221

zeulig

Benedizione – È la vera maledizione, arguisce Enzensberger, nella piccola filosofia portatile del “Signor Zeta”. La maledizione logora chi la promuove e moltiplica le energie e le difese di chi ne è vittima, la benedizione invece isola, e spesso fa dimenticare le difese istintive, lo scongiuro, l’allerta.
Tutto si può dire, ma è il limite del paradosso, che non ci sia peggior diavolo di Dio.

Dio – Nasce incensurato. Più che per le creazione, come vuole la Bibbia - tutti creiamo nel nostro  piccolo qualcosa in continuazione, comprese le formiche – eccelle perché immune alla colpa. In tanti hanno tentato e tentano d’infangarlo, e non ci riescono: ributta il fango in automatico indietro. Non si spiega altrimenti che abbia concepito (generato) il Male e sia a esso immune.

Disincanto – L’Entzauberung di Max Weber non è il “disincanto” di un mondo senza Dio né dei, ma lo “smagamento” che la tecnica imperversante opera.

Essere – Resta ingombrante, malgrado gli spaventi e le abiure indotti dai “Libri neri” di Heidegger, la sua questione dell’essere.  Che viene risolta nel “ci”, relativizzandola – relativizzando l’essere, l’uomo e l’umanità. Lo stesso di Foucault, l’altro filosofo radicale che resiste ingombrante del Novecento, del suo “dispositivo” (“discorso”). Ma il fatto di porre la questione dell’essere, non da ora, attraversa e sminuisce queste relativizzazioni. Le riporta al loro “essere” aggiuntivo e magari innovativo, di evoluzione, invenzione, scoperta, induzione, deduzione. Sorprendente a volte e anche benemerito, ma della natura del soprammobile.

Fede – S vuole ortodossa e non. Se solo ortodossa si spegne: univoca, stabile, immutabile, nei riti, la preghiera, la salmodia, l’ermeneutica, sarebbe morta e non vivo.
Ciò è vero della fede in senso proprio come di ogni altro affidamento, dalla simpatia all’amicizia, alla devozione, e all’amore. Non è una contraddizione: si parla di fede e on di legge. Non c’è vera religione senza eresie.

Galileo – Il suo critico principale, quasi uno “stroncatore”, è quello che a lui deve la rinomanza, Alexandre Koyré. I suoi “Studi galileiani”, che non senza motivo forse non si ristampano, rimproverano a Galileo di non aver fatto della fisica ma solo della pedagogia e della filosofia. E in filosofia di: 1) avere, 2) non avere seguito Descartes. Che però veniva dopo, specie le opere cui Galileo si sarebbe\non si sarebbe conformato.
Velenosa anche la dimostrazione, che Koyre fa profusamente e che dà pregio alla sua raccolta, che le speculazioni filosofiche più fumose hanno contribuito, nel Rinascimento, alle origini della fisica sperimentale e quantificata. Che non è la lode che sembra.

Heidegger – Un chierichetto, figlio di sacrestano, anche se per nulla evangelico. Quando uscì “Essere e tempo” i teologi ebbero il dubbio che fosse opera di teologia, ma erano loro stessi teologi e non evangelici. E quasi satanico, così beffardo com’era quando non si controllava.
Un teologo senza Dio? In realtà è molto di chiesa. Il primo concorso lo fece per la cattedra di Filosofia Cristiana. Non lo presero, ma continuerà ad andare a Messkirch a messa, nel banco del coro che era suo da ragazzo, e a segnarsi e inginocchiarsi nelle chiese di campagna nei suoi trekking.
Ma teologico lo è non per l’aneddotica. La sua “istorialità destinale” è messianica - si sarebbe meravigliato di essere biblico, suo malgrado un po’ ebreo? L’Eterno è il mio pastore, dice la Bibbia. E lui: l’uomo è il pastore dell’Essere.
E di nuovo cosa fa? Recupera l’Assoluto in mezzo alla (alla fine della?) miscredenza. Non metafisico, non religioso, un Assoluto che “non si mostra che nascondendosi”, tipo cane e gatto, velato\svelato, presente\assente,  “istoriale” nella discontinuità: che è l’umanesimo, il modo di essere dell’umano, anche se pretenderà di negarlo. Il suo uomo è un essere che ha una vita interiore, ne è anzi prigioniero: gettato nel mondo, preda della Cura, un essere-per-la-morte, autentico e no. Insomma, metafisico: senza corpo, desiderio, bisogno, convivialità, solitudine, politica – un prete: l’uomo della religione senza religione, che l’anima chiama Dasein.

Hybris - Trascurata e anzi cancellata, benché sia la costante dell’epoca, fino all’insolenza. Inclusa quella che si fa un vanto di misconoscere la trascendenza. Forse è qui la radice dello stato depressivo invadente o della crisi: la ragione che non tiene conto della sua hybris si espone alla hybris di ritorno, ex divina. Tenerla in conto elimina un senso di mancanza e quasi di colpa. E non per calcolo opportunista: è aver dispiegato tutto l’armamentario razionale di cui si dispone, compreso l’irrazionale.

Multigender – I bambini chiamano tutti gli uomini papà e tutte le donne mamma, dice il primo capitolo della “Metafisica” di Aristotele. È la fine di Aristotele?

Potere – Si può dire un equilibrio instabile. Costituzionalmente, il più instabile – mutevole anche al battito d’ali della farfalla a Hong Kong. Anche il potere assoluto non scaccia l’incertezza: un evento improvviso imprevisto, o anche una semplice minuta variazione – sottrazione, aggiunta.

Purezza – È l’assenza della colpa, della souillure. La cancellazione della colpa compresa.
È l’attributo massimo probabilmente di Dio. Che è censore incensurabile, e di milgiore qualità fra tutti i giudici, perché intoccato dalla sporcizia.

Realismo – Ce n’è più di Foucault, delle singolarità? Delle cose ma in quanto conosciute, di Foucault (giochi d verità), e di Wittgenstein (giochi di linguaggio)?

Perché non sarebbe neo neorealismo? Il primo essendo quello della Scolastica (Anselmo d’Aosta, Tommaso d’Aquino, Duns Scoto), il secondo quello inglese opposto all’incipiente idealismo tedesco.

Relativismo – Totalizza anch’esso, naturalmente. Viene come opposto allo storicismo, da Croce a Simmel e Foucault, una parte di Hegel compresa, un’opposizione di cui non c’è necessità. La verità nel tempo e nello spazio presuppone la Verità vera, come metronomo (scansione) se non come metro.

Umanità – È in rapido declino. Ha cessato di essere al centro del mondo con Copernico, con Darwin si è ridotta a specie vivente, con Nietzsche all’empiria, e poi al fenomeno.
Ma c’è un mondo senza l’umanità? Non è il mondo una sua creazione, dell’umanità? Finisce dunque il mondo, ma che mondo?

Verità – L’uomo non può accedere alla Verità, si dice con Foucault, anche con Wittgenstein, la quale non esiste. Eccetto che per l’enunciato?
La verità è mobile – elastica, adattabile, e non per conformismo o opportunismo: è l’intelligenza.
È sempre provvisoria. Tanto è vero che si smentisce in continuazione.
È una metamorfosi. La vita eterna.

Koyré direbbe: l’uomo è capace di concepire l’idea della verità ma incapace di raggiungere la Verità., una per tutte. Certo, non attraverso l’LHC del Cern a Ginevra. Ma questa non è la Verità?

Foucault: “La vita è approdata con l’uomo a un vivente che non si trova mai interamente al suo posto, a un vivente che è votato a sbagliare e a ingannarsi”. Rispetto alla Verità? A più verità successive? L’atto di filosofare è veritiero.
Senza Verità niente filosofia.

zeulig@antiit.eu 

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