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mercoledì 14 dicembre 2016

L’autore rinasce morendo

L’autore all’assalto dei critici, superficiali e insipienti. Un libello amaro, che il famoso “Mi son davvero divertito. Arrivederci e grazie” chiude, il 21 marzo 1979, preannuncio del suicidio, un anno e mezzo dopo. E non divertente, alla stesura, s’immagina, così come alla lettura: il risentimento fa aggio sul sarcasmo.
È il racconto di una beffa che Gary - romanziere affermato e riconosciuto, anche se non lo ammette, poiché fu premiato - organizzò nell’ultimo decennio di vita, contro i ctitici e i suoi stessi editori. Con quattro romanzi firmati “Émile Ajar” tenne in scacco la migliore critica, che ne decretò un successo istantaneo, e li premiò. Non è il primo caso. Oltre Pessoa, che s’impersonava in quattro autori, c’è, più aderente, “Lorenzo Stecchetti”, Olindo Guerrini, che la beffa fece doppia, dicendo l’autore dei suoi “Postuma” un cugino nato morto. Ma non si uccise. Questo è il caso di “Ajar”-Gary, perché la critica aveva comparato “Ajar” positivamente, quando la paternità reale rischiava di emergere, con Gary. Da qui il risentimento.
Ma perché la beffa? Che fu più uno scherzo mal riuscito – ci furono complicazioni di ogni tipo: Gary fece impersonare “Ajar” a un suo biscugino, che poi entrò nel personaggio, fu premiato e dovette rifiutare, amava le interviste e non sapeva che dire… Un caso di follia? O il risentimento era previo, e forse una forma di scontentezza di sé.
Gary si dà una spiegazione semplice: mi volevo sdoppiare, più che provocare. Per “la tentazione della molteplicità”: “Era una nuova nascita. Ricominciavo. Tutto mi era dato ancora una volta”. Era il “sogno di romanzo totale, personaggio e autore, di cui ho così a lungo parlato nel mio “Pour Sganarelle” – il cornuto immaginario di Molière, una trattazione di quasi 500 pagine… Uscire dal “personaggio” Gary che, afferma gli era stato costruito addosso: resistente, sportivo, mondano, amante di belle donne, marito di Jean Seberg. Che però lui aveva coltivato, una sorta di Malaparte -  suo modello, benché non dichiarato, nelle tematiche, compresa la passione esclusiva per il cane, e perfino nell’aspetto fisico, e nel protagonismo, sempre maledetto-benedetto. Aveva già provato altri sdoppiamenti, uno, nella sua stagione italiana, come “Fosco Sinibaldi”, e uno come “Shatan Bogat”, ma non avevano avuto successo – “Sinibadi” non aveva venduto 500 copie in un paio d’anni. La beffa riuscita, del resto, con “Ajar” non poteva che ingrossare proprio il “personaggio”. E il suicidio, senza altra ragione che questa memoria, non fu l’ultima provocazione?
Questa riedizione è arricchita di molte foto di Gary. E di una postfazione ampia del curatore, Riccardo Fedriga. 
Romain Gary, Vita e morte di Émile Ajar, Neri Pozza, pp. 124 € 12

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