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martedì 17 gennaio 2017

Il serbatoio (gnostico) di F&L

Opera prima a 25 anni, nel 1950-51, di uno Zolla ancora non mistico, seppure minacciato dalla tubercolosi, questo “Minuetto all’Inferno” fu pubblicato nel 1955 nei Gettoni Einaudi, con una inedita messa in guardia del curatore della collana, Elio Vittorini: “Non so, francamente, quanto valga questo romanzo (“satanico”)”. Pubblicato, sembra di capire, per obbedienza massonica. Dopo che era passato al vaglio, per tre lunghi anni, dei migliori lettori di Einaudi, tra essi Calvino e Fenoglio. Ma tra essi c’era anche Fruttero, che questa Torino diabolica rifarà in abiti civili, insieme con Lucentini, nella fortunatissima “La donna della domenica” e in altre narrazioni, non edificanti, della ex capitale.
Questa la scheda che Vittorini premise alla pubblicazione: “È un filone di letteratura che mi riesce inesplicabile: quello in cui si avverte, deliberata, l’azione speculativa dell’intelletto, come quando vediamo, a una radioscopia, il bario percorrere i visceri che vuol rivelarci”. A lui, continuò, non piaceva: “Specie poi se si tratta della sottospecie che ama sataneggiare io precipito in uno stato di allergia”. Quindi: “Così ora non so…” Per concludere: “Ma è solo cervellotico o libresco? Oha, in qualche modo, una sua validità realistica, una sua storicità, per oggi? Nel dubbio lascio che sia il pubblico a giudicare”.
I lettori apprezzarono e il libro vinse lo Strega opera prima, per virtù propria come usava allora e non per torte editoriali. Ma è anche il libro di Zolla che meno ha circolato, e anche questa edizione sembra già introvabile. Malgrado la ricostruzione della vicenda editoriale del libro che Grazia Marchianò premette, ed è un altro romanzo. Calvino non si opponeva alla pubblicazione, “purché poi lo si possa presentare per la vecchia letteratura che è”. E siamo già nel 1953. L’anno dopo era di turno Fruttero, cattivo senza remissione: il romanzo è “cupamente fantasticante”, “un incubo puramente libresco”, “un libro… brutto e arcaico, presuntuoso e inattuale, cervellotico e ingiustificato”.
La storia è di personaggi amorali o che si ritengono tali, tra essi una fattucchiera, un figlio timido di padre uxoricida, una coppia lesbica. Fluttuanti su una città dai gangli oscuri, dai comportamenti eterodossi, con uso di droghe, orge da salotto e matrimoni di calcolo, omicidi, suicidi, morti accidentali, aborti. Un romanzo molto alla Huysmans, decadentismo pieno. Con un assaggio della gnosi che Zolla avrebbe analizzato e coltivato. Già in apertura del romanzo, “Prologo in cielo”, con un Demiurgo (“dittatore”), il Diavolo, e gli angeli, “bei giovani, abbronzati, forti” – il Diavolo è un bel massone, come a Zolla piecevano, col pizzetto curato, profumato, lettore di “Bouvard e Pécuchet”. Poi in lunghi dialoghi, poco appetitosi. Ma, più veloci, personaggi, luoghi, atmosfere, perfino la gnosi e il plot, sono i materiali che che Fruttero metterà a frutto con Lucentini qualche anno dopo.
Lo stesso Zolla, malgrado la gnosi, prelude al passaggio. Che in esergo alla seconda parte mette gli ingredienti proustiani del “Santeuil”: “In quanto al regno dello spirito, egli lo immaginava come sovrapposto alla terra, ma senza che dalla terra vi penetrasse mai nulla, eccetto i profumi, la pietà, la corruzione, la malinconia, e i gatti”.
Elémire Zolla, Minuetto all’inferno, Aragno, pp. 256 € 14




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