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martedì 4 aprile 2017

Da Benin City a Roma le schiave prostitute

“Non fosse per l’Italia, ci sarebbe la guerra civile in Nigeria, credimi”. Una nigeriana sulla spiaggia di Tripoli, in procinto di essere stipato su un gommone, rifornito con due latte di carburante, “quanto basta per raggiungere le acque internazionali”, lo dice convinto a Ben Taub, giovane giornalista americano che ha seguito la traccia dell’immigrazione dalla Nigeria all’Italia via Libia. Attraverso il Niger. Un mondo di mafiosi e truffatori. Implacabili e impuniti. In un mondo senza legge, compresa la Nigeria, che è “il paese più ricco dell’Africa”.
Ma questo è l’atto finale. Il lungo reportage

è su Benin City, la città della Nigeria sud-occidentale che fu capitale di un glorioso impero, del Benin, e oggi anche wikipedia registra come la capitale della prostituzione nigeriana in Europa, e specialmente in Italia. Capitale ufficialmente dello stato di Edo, uno degli stati yoruba dele federazione nigeriana. Governata, spiega Taub, da “sacerdoti” juju, piccoli stregoni in cerca di elemosine e affari. In forma narrativa, il lungo reportage espone un mercato inesauribile di infamie, nutrito dal bisogno e perfino dalla fame. Dove la moneta è la prostituzione. Si prostituiscono le ragazze, dai quattordici anni in su, il tempo necessario per pagare i trafficanti, già lungo l’interminabile viaggio terrestre, tremila km.da Benin City alla costa libica, sei mesi, e si raggiunge l’Europa – “Roma”. Pagato il necessario, una somma sempre elevata e comunque elastica, e alla mercé dei trafficanti senza alcuna protezione (Taub conta 116 prostitute nigeriane uccise in Italia tra il 1994 e il 1998). Alcune di loro diventeranno “madame”, cioè “aiuteranno” le madri di Benin a fare cassa prostituendo le figlie.
Nel 2016, si può aggiungere, circa 8 mila delle 11 mila donne nigeriane sbarcate in Sicilia sono state avviate ala prostituzione. Un mercato schiavistico, che dura con l’Italia da quarant’anni buoni, e nessuno indaga – solo il “New Yorker”.

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