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giovedì 4 gennaio 2018

Meglio lo scandalismo dello scandalo

Bannon disoccupato pubblica un libro di memoria. Che, non interessando a nessuno, farcisce con una mezza pagina su Trump. Non sul presidente, sul figlio. Giusto per un po’ di pubblicità gartuita.
Una corrente storiografica fiorente una cinquantina d’anni fa, giostrata magistralmente da Giovanni Spadolini, portava all’uso dei giornali d’epoca – l’epoca studiata da Spadolini era quela di Giolitti -  come fonti. Se ne ricostituivano agevolmente le camarille a monte: influenze, trame e tranelli, corruzione (usava pagare i giornali, lo facevano le potenze, e anche interessi privati).  Lo storico del 2068 dirà di quela odirna che era l’epoca dello scandalismo anti-scandalo: si copre lo scandalo – che Trump sia arrivato alla presidenza – con lo scandalismo.
Non interssa che un uomo con le mani in pasta in molti afafri, e digiuno di politica, sia presidente degli Stati Uniti. Dove magari non è peggio di chi lo ha preceduto, evidentemente, se ha vinto le eelzioni, ma si mostra incapace di capire il senso delle istituzioni, la necessità di una linea o strategia sui tanti fronti da governare, il ruolo e le responsabilità mondiali degli Usa. È un dealer, come ama dire, un affarista, e si limita a denunciare tutti gli accordi internazionali di cui gli Usa sono parte, tanto hano solo da guadagnare nella rinegoziazione e nulla da perdere. Il conto del dare e avere limitando al solo fatto contabile, senza il reddito politico - ma è una rendita, che alla fine del gioco gli Usa potrebbero ritrovare svanita: l’Europa non ha più bisogno degli Usa, e la Cina neppure (non ha più bisogno di giocare come la grande fabbrica degi Usa, e ha spazi e risorse per fare in proprio).
Si fa con Trump come con Berlsuconi. Tartassato dai giudici di Milano con un migliaio di perquisizioni. E dai giornali per le squillo. Condanato anche, per non aver commesso il fatto – l’acuisto di diritti cinematografici estero su estero per evitare il fisco (pratica lecita-illecita che altri praticavano in abbondanza, per esempio la Rcs Film & Tv (caso documentato vent’anni fa in “Mediobanca editore”). Ma non, mai, per lo scandalo dei suoi 14 o 15 conflitti di interesse.. 

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