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domenica 1 aprile 2018

Il giallo è sacro

È il giallo un Ersatz del sacro, un misto di razionalità e giustizia in sostituzione del sacro? La notevole ipotesi, che Sciascia media da  Vittorini – in realtà da Oreste Del Buono che Vittorini prefazionava – e subito poi dal filologo Alberto del Monte, autore nel 1962 di una “Breve storia del romanzo poliziesco”, è la più “gialla” della raccolta, ma non la sola. Sciascia era lettore compulsivo di gialli. Quelli propri del genere, della collana il Giallo Mondadori, e in generale la letteratura del mistery o suspense – grande giallo è per lui “Delitto e castigo”, grande giallista Kafka, etc.. Scrisse del resto,  anche i racconti filologici, con la penna o tecnica della suspense, e ci ha riflettuto sempre sopra, più volte, in tutto l’arco della sua esperienza di scrittore, dal 1953 al 1984, se non da prima e anche dopo – il libro raccoglie 23 di una trentina di articoli disperse e di inediti ritrovati nel lascito in materia di giallo (altr scritti Sciascia stesso ha ricompreso in “Cruciverba”).
Il giallo-sacro lo stuzzica, è il tema su cui ritorna più spesso. Anche a proposito di Dostoevskij e di Kafka. Da spirito curiosamente religioso, anche se il sacro da cui la razionalità del giallo ci libererebbe labella di “tirannia del trascendente”  - a proposito di “Todo modo” dirà del suo romanzo, in contrasto col film politico che Petri ne ricavò: “Todo modo l’ho scritto in polemica con la Chiesa cattolica e in fondo anche con me stesso”. L’illuminazione-accostamento-rivelazione di Del Buono-Vittorini sostanzia con ripetuti richiami alla “grazia” che accompagna il detective, nella specie teologica della “grazia illuminante”.
“Giallo” Sciascia scrive tra virgolette, come di materia inafferrabile. Ma, a dispetto del disprezzo che il genere raccoglieva ai suoi tempi, ne ha grande opinione, progressivamente sempre più convinta.  Ne scrive con competenza già nel 1953, ai trent’anni – da addict, sembra di capire, uno da un giallo al giorno. Con fiuto: “Un giallo che vi farà dormire”, scrive, sarebbe migliore pubblicità. Una corda costante, l’editore non si è trovato a corto di materiali. Premiata, se ne nacqua una sorta di “stile Sciascia” della suspense: Garcia Marquez, fa notare il curatore, farà riferimento nel 1982 a un “metodo Sciascia” per il suo “Cronaca di una morte annunciata”, 1981, dopo “L’autuno del patriarca”.
Con qualche confusione. Nella “Breve storia”, 1975, attribuisce a Maigret”modi da fronte popolare”, mentre Simenon rischiò il processo per collaborazionismo, per sfuggire il quale emigrò in Nord America, in Canada e poi negli Usa. Di Kafka opina che faccia il giallo su sfondo del Vecchio Testamento, non lusinghiero. Il giallo dice “letteratura di nevrosi” – “nevrosi di una società che ha perduto il gusto del sacro”, di nuovo.
La raccolta, curata da Pasquale Squillacioti, che in una lunga nota ne situa i diversi pezzi, nella cronologia e nei contesti di riferimento (non in tutti, purtroppo: mancano Prezzolini, lo stesso Vittorini con Del Buono, e altri), è costituita da recensioni: molti Simenon,  Chesterston,  Spillane, Dürrenmatt, De Angelis, A.Christie, Augias, Burnett, Holiday Hall. Con almeno tre note di rilievo: Una “Breve storia del romanzo «giallo»”, 1975, “Letteratura sul «giallo»”, 1953, “Appunti sul «giallo»”, 1954.
Leonardo Sciascia, Il metodo di Maigret, Adelphi, pp. 191 € 13

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