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mercoledì 23 maggio 2018

L’attacco di Berlinguer all’Italia

Bassolino racconta di essere andato una volta a casa sua, di Berlinguer, e di averlo trovato con le Clark ai piedi, di cui si scusava: “Me le hanno regalate le mie figlie, le porto quando sono a casa”. L’uomo forse era semplice, come tutti, ma ricordarlo gelido ai forum di “la Repubblica” inveire contro tutta la sinistra politica che non fosse la sua è fatto difficile da obliterare.
Il titolo di Del Prete è forte, ma per un fatto grave: Berlinguer ha scompaginato la sinistra, il Pci compreso, e ha condannato la quinta, o quarta, potenza industriale, come dice Perry Anderson, della “New Left Review”, all’incapienza. Stiamo parlando del Grande Conunista che il Pci ha venerato e venera, quello che ne rimane, e del santino di “la Repubblica” e i bennati di quel giornale. Viviamo peraltro ancora in clima berlingueriano, malgrado il botto del 4 marzo, le ricordanze per la morte di Moro ne sono agghiacciante testimonianza, alla Rai e nei grandi giornali.
L’icona dei Pci, oggi tutti ex per causa sua e perfino grilini e leghisti, era un uomo fuori dei tempi, e anche della dimensione politica. Vessillifero da sinistra di quella antipolitica, da Mani Pulite a Grillo che è la carne della destra e ora avvilisce il Paese. Cosa evidente a tutti, eccetto che al Pci, “chiesa” facile da stregare, al niente che ne resta. Il compromesso con la Dc, imposto da Berlinguer quando il Partito era ancora forza egemone, lo ha presto slombato, a partire dalla primissima elezione politica, nel 1979. Si ricordano con mestizia, ma sarebbero materia aristofanesca, i miserandi ministeri monocolore di vecchietti e perditempo con cui Andreotti beffardo salutò il voto favorevole del Pci nei governi del compromesso, prima e dopo l’assassinio di Moro.
I tempi cambiano dopo il 4 marzo? È possibile – per questo verso auspicabile. Del Prete, giornalista di lungo corso a “la Repubblica”, seppure decentrato, è ora recensito sullo stesso giornale, immemore di aver portato il Pci alla dissoluzione, Scalfari è pur sempre un vecchio liberale, assecondando le follie di Berlinguer – dapprima, poi asservendolo al mercato: le riforme di Luigi Berlinguer all’Istruzione a favore dei privati, e le “lenzuolate” di Bersani a favore della grande distribuzione ancora bruciano e fanno vittime. È un miracolo: Del Prete non si nasconde. Berlinguer infine emerge per i gravi danni che ha fatto. Agli assetti politici. A quelli giudiziari. E anche, ci sarebbe volute più insistenza, a quelli economici.
A questi soprattutto. Con un veterosindacalismo che ha lasciato due, ora tre, generazioni scoperte di ogni tutela in un mercato incontrollabile. Dall’occupazione della Fiat che voleva a fine 1980 (l’occupazione della Fiat….) alla marcia dei 40 mila nella stess Torino, per protesta contro il suo avventurismo. Ma non è il solo aspetto di Berlinguer che va esaminato, quell’oltranzismo mascherava una incapacità politica totale. Ci sarà da lavorare, or ache la diga del silenzio è rotta.
Del Prete ha comunque il merito di avere aperto la strada. Con giudizi precisi su fatti accertati. Quelli politici: l’ambiguità del rapporto con Mosca, l’abbraccio con la Democarzia Cristiana senza condizioni più, una resa: “La sua ostinazione a non passare il Rubicone facendo diventare il Pci un partito di governo in Occidente fece pagare un prezzo molto salato al Pci, e più in generale al popolo italiano, rinviando all'89, quando oramai era diventato inevitabile, quello che poteva essere fatto almeno dieci anni prima".
Ma anche questo va rivisto. Un “patto di conservazione” lo dice Del Prete. Ma che nasce dalla faziosità. Fino al livore e all’odio, contro tutto ciò che era radicale, socialistia, repubblicano, liberale, o si esprimeva attraverso i partiti di questo orientamento. Oggetti di una guerra di sterminio. Grazie alla capacità di mobilitazione dei grandi media che il suo Pci controllava, “Corriere della sera” e “la Repubblica”, e delle Procure della Repubblica.
La sinistra sarebbe stata un’altra senza Berlinguer? Cioè viva, e vincente? Certamente sì, era maggioritaria quando lui la sconquassò. L’Italia sarebbe stato un paese migliore, più ricco e più democratico? Certamente non sarebbe stato il paese del populismo, dell’emigrazione (si parla di immigrati, ma molti emigrano), della disoccupazione, e del lavoro precario a paghe da fame, impossibilitato peprfino a fare figli. Che colpa ne ha Berlinguer? L’italia sarebbe stata un’altra senza di lui. Senza la “diversità” comunista. Che non era niente, tolti i legami con Mosca.

Antonio Del Prete, L’inganno di Berlinguer, Pendragon, pp. 237 € 16


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