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venerdì 7 giugno 2019

L’amore viene dall’aldilà

Accostate due divinità primigenie e commplesse, intrecciate. Di Ade, il dio del mondo sotterraneo e degli inferi, figlio di Crono e Rea, fratello di Zeus, Era, Poseidone, Demetra e Estia, perché s’innamorò di Kore-Persefone (Proserpina) e la rapì. Kore, figlia di Demetra, la dea della terra, della fertilità, e sposa di Ade, re dell’oltretomba, è la complessità del femminile, partecipe di due nature e di due esistenze, ninfa giocosa e gentile tra i fiori in primavera, e insieme signora del mondo nascosto, segreto, in quanto sposa di Ade – di cui era anche nipote, e col quale, benché ne fosse stata rapita, si mostra felice nelle pinakes, le istantanee del mondo locrese (felice di sfuggire così ala madre, come tutte le adolescenti?).
Un  soggetto di miriadi di rappresentazioni nella colonia locrese, e nelle sottocolonie di Medma (Rosarno) e Ipponion (Vibo Valentia). In tutte le forme e per tutti gli usi, e più di tutto nelle pinakes, tavolette votive quadrate di argilla in bassorilievo, all’origine colorate, che furono produzione di Locri per un secolo e mezzo, in serie, circa settemila ne sono state censite, con 170 scene circa ripetute. Una produzione  votiva a Persefone, doppiata da quella a Ade.
Il culto fu consistente anche in laminette, talora in oro, che si ritrovano nelle sepolture di chi in vita era stato iniziato ai misteri, collocate sulla bocca del defunto. Con descrizione in genere di un paesaggio infero spettrale e l’indicazione di un percorso, solitamente tortuoso, che il defunto deve seguire per la salvezza., talora molto poetico.
Un culto molto diffuso anche in Sicilia – che per molti autori è essa stessa dono di nozze a Persefone da parte di Zeus. Ma a Locri con una particolarità: Madre e Figlia sono separate nel culto. Locri ospitava anche un Persefoneion, un tempio, considerate “il più famoso della Magna Grecia” secondo Diodoro Siculo. Ma non vi si venerava Demetra, che aveva un  suo proprio santuario – decentrato, quasi fuori dal recinto urbano.
Nessuna menzione nella mostra – quaeta non movere? – invece della Persefone più famosa dell’attualità. Il Persefoneion, il grande santuario, era anche un grande luogo di furti, famoso pure per questo. Da ultimo lo sarà a fine Ottocento, col trafugamento della grande statua di Persefone, che da allora fa l’attrazione dell’Altes Museum di Berlino – Corrado Alvaro ne fa il racconto in “Mastrangelina”. Fu tagliata a pezzi e trafugata dalla località La Moschetta (mesquita) nel 1911 da trafficanti tedeschi. Che poi la vendettero allo Stato Prussiano a caro prezzo. Legalmente, si dice, allora si potevano “esportare” i beni culturali, seppure non a pezzi e di nascosto. Ma in contanti: il museo berlinese non ha alcuna pezza giustificativa dell’acquisto.
Quello di Ade e Persefone è anche il culto eleusino, dei miseri celebrati a Eleusi. Di cui nulla si sa, solo supposizioni. Tra le quali la più aderente sembra quella di Simone Weil, “Forme dell’amore implicito di Dio”: “La tendenza naturale dell’anima di amare la bellezza è la trappola più frequente di cui si serve Dio per aprirla al soffio che viene dall’alto. È la trappola in cui cadde Core. Al profumo dei narcisi sorridevano tutta la terra, la volta del cielo e il turgido mare. Appena la povera ragazza tese la mano, fu presa al laccio. Era caduta nelle mani del Dio vivente. Quando ne uscì, aveva mangiato il chicco della melagrana che la legava per sempre. Non era più vergine; era la sposa di Dio”.
Nel “Quaderno X”, ancora Simone Weil si interroga: “Se Core (Persefone) rappresenta veramente il chicco di grano, è una figura del Cristo”.  Core poi accosta, nello stesso “Quaderno”, alle altre prefigurazioni del Cristo, Prometeo e Dioniso: “Le Oceanine sono compagne di Core come di Prometeo. Core è rapita nella pianura di Nisa, dove fu rapito Dioniso”. Nonché a Osiride, per l’equivalenza-discendenza che stabilisce fra i misteri egiziani e quelli greci e cristiani, uniti nella Passione, la Passione di Dio: “La Passione di Dio era l’oggetto stesso dei misteri egizi, e così pure dei misteri greci, in cui Dioniso e Persefone sono il corrispettivo di Osiride”. E ancora: “Tutte le divinità morte e resuscitate impersonate dal greco, Persefone, Atti, ecc., sono immagini del Cristo, e il Cristo ha riconosciuto questa somiglianza attraverso l’espressione: «Se il grano non muore… ». Ha fatto la stessa cosa rispetto a Dioniso dicendo: «Io sono la vera vite», e ponendo l’intera propria vita pubblica sotto il segno di due trasformazioni miracolose, una dell’acqua in vino, e l’altra del vino in sangue”.
Da Core viene generato Zagreo, aggiunge S.Weil, che fu grecista accreditata – “zangrei” sono tuttora in grecanico i pastori: “Zeus è diventato drago per generare Zagreo da Core mediante un bacio”.
Carmelo Malacrinò-Ivana Vacirca (a cura di), Ade e Persefone, signori dell’aldilà, MArRC pp. 110 ill. € 10

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