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giovedì 26 settembre 2019

La Repubblica è una

Siamo, si dice, nella Terza Repubblica, dopo una Seconda e una Prima, mentre siamo all’evidenza nella Repubblica inaugurata da Gronchi, col governo Tambroni. Una Repubblica semipresidenziale, si dice, con i governi del presidente, che il Parlamento ratifica. Ma allora di fatto e non costituzionale – anzi, per molti aspetti incostituzionale: i governi del presidente sono una forzatura.
Tentativi di cambiare la Costituzione, nel senso della governabilità, ce ne sono stati, ma a nessun effetto. Non con al riforma Renzi, bocciata. Non con la riforma in senso maggioritario dei regii elettorali: si è tentato di rafforzare le funzioni esecutive col voto maggioritario e i raggruppamenti personali, con un candidato a sindaco, a presidente della Regione, a presidente del consiglio, ma a nessun effetto.
La Repubblica è sempre quella. Solo che è di Gronchi, e non di Einaudi. È la Repubblica dell’Italia democristiana, post-degasperiana. Anche gli uomini sono gli stessi, della stessa caratterizzazioe politica, democratica cristiana – “popolare” nel gergo politico tedesco - seppure di diversa generazione. E compreso il prossimo presidente della Repubblica, sia esso Prodi, o l’inevitable giurista costituzionale emerito, o lo stesso Mattarella.
L’opinione vive in Italia nell’irrealtà. Dei media. Che nominano e celebrano repubbliche che non esistono. Mentre non rimarcano nemmeno le persistenze.
L’unica novità è l’inabissamento del partito Comunista. Che ha trascinato con sé tutti gli altri partiti progressisti, socialisti e laici, con la giustizia politica. Ma solo per rafforzare la continuità democristiana. Napolitano è esemplare a questo proposito, il presidente della Repubblica ex Pci che ha distrutto, letteralmente, le residue forze non democristiane a favore di governi “popolari”, cioè Dc.

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