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martedì 24 settembre 2019

Platone sovranista

Bastano le citazioni in esergo a dire tutto, una pagina di “Repubblica”: “La stessa malattia che, insorta nell’oligarchia, l’aveva distrutta, anche in questa costituzione (nella repubblica,.n.d.r.) sta diventando più grande e più forte per via della licenza, che riduce la democrazia in schiavitù. E in realtà ogni tipo di eccesso suole produrre, come effetto di reazione, un mutamento in senso opposto, tanto nelle stagioni quanto nelle piante e nei corpi, e certo non meno nelle costituzioni…  Sembra infatti che un’eccessiva libertà non si trasformi in nient’altro se non in un’eccessiva schiavitù, tanto nella vita privata come in quella pubblica… Probabilmente, dunque, la tirannia non s’insedia a partire da nessun’altra costituzione se non dalla democrazia – dall’estrema libertà, a mio avviso la schiavitù maggiore e più selvaggia”. 
Ha ben di che Popper a dire, sempre in esergo, confutatore semplice e radicale di Platone: “La mia opinione che Platone sia stato il più grande di tutti i filosofi non è per nulla mutata. Anche la sua filosofia morale e politica, come realizzazione intellettuale non può essere paragonata ad alcun’altra, anche se la trovo moralmente e addirittura spaventosa”.    
Il giudizio di Popper Platone conferma nella silloge – una compilazione di Franco Ferrari. “La Repubblica”, il progetto di governo dei “belli-e-buoni” della nazione, degli intellettuali, non è il solo luogo del biasimo della democrazia. Altri se ne possono leggere nel “Teeteto”, nel “Politico, nelle “Leggi” e nel “Gorgia”. Argomenti non grossolani, anzi sottili, e per questo attraenti, tanto quanto pericolosi.
Dalla caduta del Muro, è il ragionamento di Ferrari, ormai sono trent’anni, tutti si sentono democratici, “e of course un po’ liberali, è il pensiero unico”, con “la fine della politica e quella della storia”. Ovviamente non è così, e anzi abbiamo forse un’era democratica con poca democrazia. Ferrari intravedeva anche segni di involuzione pratici, nello schieramento internazionale a piramide sotto gli Stati Uniti, e in certe derive nazionaliste americane he oggi appaiono più evidenti.
La compilazione è un po’ vecchia, di prima della risi, e oggi sarebbe quasi ovvia. Ma sentirsi dire da Platone le trappole della democrazia è istruttivo. Pur sapendo che Platone non era un democratico per vocazione o d’istinto: il pregiudizio non ne offusca la lucidità.
Popper sapeva della grande forza di attrazione di Platone. Il titolo originario del volume del suo trattato “La società aperta” dedicato a Platone era “The Spell of Plato”, la magia, l’incanto di Platone. Per questo lo elegge a Autorità massima e pessima dei totalitarismi che hanno afflitto e affliggono la storia. Traditore di Socrate, di cui subdolo si erige interprete, dell’individualismo e dell’egualitarismo di Socrate. Sostenitore teorico e pratico di una società organicista, anti-liberale – “tendenzialmente tribale decisamente autoritaria” nelle parole di Ferrari, in abbondante anticipo sui sovranismi di questi anni 2010.  
Platone, Contro la democrazia, Bur, pp. 145 € 5,90

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