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domenica 9 febbraio 2020

Letture - 410

letterautore
Avanti! – Il nome del giornale socialista, derivato dall’omonimo tedesco, il giornale della socialdemocrazia, era in origine il soprannome del maresciallo prussiano Blücher, quello della mossa decisiva contro Napoleone a Waterloo – dopo essere sta sconfitto e catturato alla battaglia di Jena.

Brexit – “C’erano cose che non mi piacevano del carattere nazionale degli inglesi”, scrive nel 1944 Ian Karski, il testimone polacco della Shoah che è stato a Londra a lungo nel 1942: “Erano freddi e formali. Molti non capivano l’Europa continentale e non se ne occupavano. Ma erano ostinati, forti, realisti”.

Italiano - George Steiner volle impararlo a quarant’anni  passati, negli anni 1970. E non su Dante, come tanti, ma su Malerba. Diventerà poi, con Walter Pedullà, il massimo estimatore di “Horcynus Orca”, il romanzone sperimentale di Stefano D’Arrigo – che proclamò a più riprese uno dei pochi grandi romanzi del Novecento europeo.

Manzoni – Uno del Settecento lo vuole Calvino, scrivendo a Moravia per esaltarne la contestata introduzione all’edizione Einaudi Millenni del romanzo. Nel mentre che lo celebra - celebra con Moravia anche Manzoni - lo dice “un borghese “ di “cultura settecentesca”. Lo dice per evitare di doverlo dire romantico, che a suo avviso è un’ingiuria. Ma sul romanzo va oltre: “«I Promessi Sposi» vanno valutati come un tardo libro del Settecento più che dell’Ottocento”. Per “l’asciuttezza di sguardo, il distacco signorile, la limpidezza di linguaggio, il gusto dell’ironia”. E cioè “tutti i lussi dell’intelligenza di cui ha imparato a fruire frequentando la letteratura francese”, e in Francia “gli illuministi, primo tra tutti il Voltaire, molto più che il cattolicesimo romantico”. 
Anche, in casa, perché no: i Verri, uno dei quali come un padre, forse di sangue, e il nonno Beccaria. Ma Manzoni illuminista?

Nebbia – Fa (buona) arte? Sul “Venerdì di Repubblica” Valerio Valesi ne fa l’ipotesi, a proposito di Ligabue, rilevando la Bassa padana fertile: “Si può dire che fu l’habitat naturale per lui come per altri  grandi visionari: da Giovannino Guareschi a Cesare Zavattini fino al Giannantonio Cibotto di “Scano Boa”,  al Giuseppe Pederiali di “La compagnia della selva bella”, all’Ermanno Cavazzoni di “Il poema dei lunatici” o, andando indietro ne tempo, a Folengo e all’Ariosto”.  L’arte che esce dalla nebbia.

Nudi – Erano la normalità fino al Cinquecento, con i differenti impulsi sessuali. Si resta stupefatti girando per la Villa Farnesina a Roma alla Lungara, il casino di Agostino Chigi, dallo sterminato numero di nudi, femminili e maschili, in tutte le posture e in tutte le attività. di Raffaello compreso, di Giulio Romano, del Sodoma, e di Sebastiano del Piombo, chiamato per questo da Venezia, primi anni 1500. Si direbbe una villino dei nudi, ma erano la normalità – i Chigi presto al fallimento lo vendettero ai Farnese, al cardinale che poi sarà papa Paolo III – non dei peggiori, e anzi ottimo. Roma era un’altra capitale della cristianità, non tanto per la simonia e il nepotismo, ma per la “visione del mondo”, tutta erotismo, anche nelle scene più o meno mitiche e storiche prese a pretesto nella miriade di affreschi.

Oratoria – Benigni giovedì, a Sanremo, Sorrentino venerdì, col finale del “New Pope”, hanno spopolato con discorsi di alta, prolungata, oratoria.  È il “genere” del Millennio,  a lungo prima in bassa fortuna: la magniloquenza.
Non sembrerebbe, il linguaggio imperante, dei social, essendo frammentario e apodittico. Ma forse per mancanza di parole, le ambizioni sarebbero fluviali, comunque retoriche. 

Salgari – Il suo maggiore, unico, studioso e cultore è inglese, l’italianista Ann Larson Lucas. Lo lo ricostruisce e analizza in tre corposi volumi, per 1.500 pagine, molto illustrate. Più uno sui romanzi di avventura: altre 230 pagine, illustrate. Li pubblica Olschki, per amatori. O per studiosi: Salgari all’accademia?

Scalfari – “Ci sono giornali, come questo, che esprimono il cuore di una vasta comunità”: così Scalfari ha commentato il 6 febbraio le lettere minatorie a lui indirizzate.
Un giornale-comunità, con input biunivoci, potrebbe essere una novità vincente nel panorama desertico del giornalismo – al modo degli scambi forsennati che fanno l’opinione dei social, ma ben indirizzata, su fondamenta. Con la rinuncia dichiarata senza, senza più sotterfugi e ipocrisie, alla pretesa di obiettività o verità, alla notizia separata dall’opinione, alla lealtà. Un giornale-chiesa - quale probabilmente Scalfari ha cercato nella massoneria, e cerca con Martini e il papa.
Un dilemma però per Scalfari. Avendo lui, dopo averlo creato, condotto “il partito di Repubblica”, la comunità, in ogni occasione, senza eccezioni, alla sconfitta. Anche quando aveva vinto le elezioni. Alla sconfitta politica.

Serbi – Si è contestato il Nobel Handke, perché vent’anni fa fece l’elogio dei serbi, reduci dagli eccessi in Bosnia. JoseppRth un secolo fa, esattamente nel 1922, andava più in là. Sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung” scriveva, fra le tante lodi, proprio questa, in tema di identità: “Popolo privo di pregiudizi nazionalistici, di ogni fanatismo religioso, leale verso stirpi o razze diverse”. Mentre già allora tutti conoscevano i serbi per nazionalisti, nel presunto irenisno dell’impero austro-ungarico, della Vienna Felix, della Mitteleuropa.
Roth è pieno di acume politico nelle altre sue corrispondenze giornalistiche. Ma era pieno anche del mito austro-ungarico - ne sarà vittima, si può dire, nell’abbandono finale, suicida.
È vero però che Mladić, poi all’ergastolo come criminale di guerra, inalberava il facsimile di khepì austro-ungarico. Pur avendo i serbi, con l’assassinio del granduca, propiziato la guerra e il dissolvimento dell’impero.

Tradizionalisti impazziti – “Un tradizionalista impazzito” era Gadda secondo il perfido Montale, suo compagno di merende al caffè delle Giubbe Rosse a Firenze negli anni 1930. Stando all’attendibile Tommaso Landolfi, che ne scrisse viventi i due in una tarda testimonianza (ora in “Del meno”. § “De minimis”), all’epoca anche lui frequentatore quotidiano del caffè fiorentino: “Con una delle sue belle illuminazioni, il Montale definì una volta (in viva intervista e senz’ombra di censura) il nostro diletto Gadda «un tradizionalista impazzito»”. Landolfi concorda: “Per Giove, ecco una definizione cui l’interessato dovrebbe (se già non l’ha fatto) sottoscrivere toto corde”. Aggiungendo: “L’interessato, cioè gli interessati”. Perché “taluni invero non possono essere, come tradizionalisti, che impazziti; ma d’altro canto non possono essere che tradizionalisti… Taluni, del resto? – Meriterebbe anzi auspicare, tra tanti savi ed accorti antitradizionalisti, addirittura una scuola letteraria dei Tradizionalisti Impazziti”. Per sé professandosi sperimentatore – ovvero, sperimentatore stanco.


Tutto subito – Joshua Radin ha portato lunedì al Parco della musica a Roma un concerto che ha intitolato “Here Right Now”. “Vogliono tutto subito, ma non sanno cosa vogliono”, disse Croce dei suoi liberali radicali. Radin, un cantautore americano, uno dei tanti, vuole l’amore, l’amicizia, l’accoglienza, e “il principio dell’autodeterminazione”. È l’età dei diritti. 

letterautore@antiit.eu 

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