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venerdì 8 maggio 2020

La peste liberatoria

Il “Capitolo primo della peste” è dedicato a “Maestro Piero Buffet cuoco”. Si può leggere come di oggi, al tempo degli chef. Il “Capitolo secondo” pure. E la peste? La stagione migliore, “la più bella che la natura sappi fare”. I benefici sono tanti: “porta via tutti i furfanti”, “non hai chi ti dia impaccio”, si evitano gli accattoni, “buoni arrosti si mangiano e buoni lessi”, e “sopra tutto si fugge la fatica”. Tutte le prescrizioni contro la peste rovesciate a fin di di bene. La peste è “quel secol d’oro e quel celeste\ staro innocente primo di natura”.
Come ridere al tempo della peste? No – tra l’altro non c’era peste nel 1532, al tempo dei due Capitoli. Le “pesti” sono il capriccio di questo scrittore che a rileggerlo sembra l’italiano vero, e forse per questo è trascurato.
Berni passa  per poeta giocoso. Specialista dei giochi (equivoci) verbali. E satirico. Delle buone maniere letterarie del primo Cinquecento, il petrarchismo bembiano – “chiome d’argento fino, irte e attorte”.... Nonché della corruzione, ai suoi anni senza paragoni, né prima né dopo. Ma raramente lo è -o giusto per l’organo maschile, i capitoli dei “ghiozzi”, delle “anguille”, dei “cardi . E in subordine, all’invettiva, al malaugurio, all’ira. Senza un criterio, non religioso, non morale, e nemmeno letterario o linguistico. Non c’è con chi non ce l’abbia: le puttane, le mogli, papa Adriano, il suo ragazzo, l’Aretino, gli abati, qualche vescovo, i preti. Senza un criterio, né religioso né morale. Mentre elogia, con la peste, i “bravi” poi manzoniani, e i papi e i cardinali simoniaci. Di tutto facendo un’arma, perfino dell’omossessualità, che agita contro l’aborrita procreazione – senza privarsi di farne materia di sberleffo.  
Berni è poeta irridente, fino alla crudeltà, e anche cattivo, astioso. Forse perché inerme, e inoffensivo: si ritiene inerme di fronte all’altrui cattiveria, ma per ciò stesso, per quando sbraiti, resta inoffensivo, non considerato, gregge, massa, il sorite o mucchio indistinto e inutile – il problema dell’Italia politica, l’impasse inconturnabile, l’impossibilità di “fare gli italiani”, è tutto qui: caratteriologico, o dell’anarchismo insoddisfatto, per natura insoddisfatto. Ma non si perde una battuta.  
Francesco Berni, Rime burlesche, Bur, remainders, p. 277 € 4

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