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mercoledì 9 giugno 2021

C’è poco da ridere

Un bizzarro ottimismo si diffonde. Che è il motivo per cui il governo Conte è stato licenziato: il Quirinale, il Pd, Renzi e buona parte degli stessi 5 Stelle erano sbigottiti dalla superficialità dell’ex presidente del consiglio. L’economia si è già ripresa, si dice, s’intende. Il Recovery Fund risolve tutto. Mancano 500 mila lavoratori – mentre si discute solo di riaprire i licenziamenti.
Il governo Draghi è nato per questo, per fronteggiare una crisi, non una vaporosa resurrezione. L’ex presidente della Banca Centrale Europea lo ha anche detto al Parlamento: il virus “ha colpito l’economia italiana più di altri paesi europei”. Abbattendosi peraltro “su un paese già fragile dal punto di vista economico, sociale e ambientale”. Debolissimo nei miglioramenti produttivi nell’ultimo ventennio, negli investimenti. Cosa già molto nota, ma anch’essa trascurata: nei vent’anni del Millennio il pil italiano è cresciuto di un quinto rispetto alla Spagna, e di un quarto rispetto alla Germania e alla Francia – è cresciuto solo del 20-25 per cento facendo 100 la crescita delle maggiori economie europee.
Il virus non ha migliorato la prospettiva italiana, malgrado l’entusiasmo con cui sono accolte le previsioni di una crescita economica quest’anno del 4-5 per cento. Il Nord Europa torna ai livelli 2019 già quest’anno. La Francia nel primo trimestre del 2022. La Spagna e il Portogallo a metà 2022. L’Italia tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023.  Perché il pil è crollato in Italia nel 2020 molto più che nel resto della Unione Europea: dell’8,9 per cento, a fronte di un calo medio Ue (Italia compresa) del 6,2 per cento. .
Né cambia le prospettive italiane l’Europa, col Recovery Fund. Generoso e tutto, ma non è manna dal cielo, per ingrassare le vacche. È un “contratto”, con impegni precisi, che l’Italia sottoscrive con l’Unione Europea, che le crede – perlomeno se lo propone – ed è per questo prodiga. Un “contratto” che impegna l’Italia nel suo stesso interesse, a migliorare cioè la produttività e la competitività. La impegna, cioè la obbliga. L’Italia deve riformare le procedure giudizarie civili e commerciali, deve darsi regole semplici in materia di investimenti, e di investimenti pubblici in particolare, deve dare un minimo di produttività alla Funzione Pubblica, e semplificarne le procedure  (non si possono aspettare autorizzazioni 24 mesi, e nemmeno 12,  e nemmeno 3 – non oltralpe).
L’Europa non chiede la luna, per una volta. Nessuno stringe l’Italia alla gola. Vuole il suo bene. Ma l’Italia dei giudici e dei media non lo sa, apparentemente, o non gliene frega. È per sano scetticismo, non per italofobia, che l’“Economist”, pure in tutto e per tutto in sintonia con Draghi, lo ha chiamato “un’illusone”. Per l’Europa, per i mercati, per la stessa Italia – inguaribile?

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