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lunedì 14 giugno 2021

I topi di Proust

L’autore del “Manifesto del rinoceronte” (gli ideali politici sono unicorni, creature perfette immaginarie: il liberalismo, in tempi di populismo, sovranismo, nazionalismo, è un animale buffo, ma merita una breve brillante storia) s’interroga sul riferimento costante dei biografi di Proust a un suo vizio, come si diceva una volta: di avere a volte bisogno per “venire”, nei bordelli omosessuali che frequentava, di topi tenuti affamati e liberati all’improvviso in coppia, in modo che si azzannassero. Gopnik è incredulo – “che vizio è?”, sembra che si chieda. Ma non mette in dubbio che questa passione ci sia. Si chiede invece a lungo in dettaglio come la notizia di questo vizio di Proust sia nata.
La fonte sono stati tre scrittori: Gide, che ne parlava con Proust, Jouhandeau, sulle confidenze di un tenutario di bordelli, e Cocteau, in tarde - trenta, quarant’anni dopo - reminiscenze. Più un paio di testimonianze di più o meno anonimi frequentatori o magnaccia. Una voce come tante, conclude Gopnik, che sembra fondata, su fonti certe, le quali però, quando si va al riscontro, non si trovano. Che può non dispiacere, il pettegolezzo contribuisce alla fama, ma non aggiunge e non toglie nulla al vero Proust.  
L’unica fonte diretta in effetti è Gide. Che nel minuzioso “Diario” annota un paio di conversazioni con Proust, in casa di Proust, sulle pratiche omosessuali, ma senza menzionare quali - e sull’opportunità di scriverne, come Gide avrebbe voluto, mentre Proust no, e anzi le ridicolizzerà nel barone Charlus. Ma, non menzionata da Gopnik, la fonte possibilmente di prima mano dei ratti è Jacques-Émile Blanche, il ritrattista ora famoso per il ritratto di Proust giovane, che nelle memorie, “Mes Modèles. Souvenirs littéraires”, dice di Proust che si dilettava a farsi smuovere le viscere da un gerbillo, un ratto.

Che Proust frequentasse bordelli maschili è notorio. E molte pratiche sono state documentate nel 2012 da una mostra nella galleria d’arte parigina  “Au bonheur du jour”, con un catalogo illustrato curato dalla stessa animatrice della galleria, Nicole Canet, sotto lo stesso tiolo della mostra, “Hôtels garnis, garçons de joie, prostitution masculine - Lieux et fantasmes à Paris de 1860 à 1960”. Molte immagini sono dell’Hotel de Marigny, che Proust regolarmente frequentava. Questo bordello era tenuto da un Albert Le Cuziat, modello di Jupien nella “Ricerca”: un personaggio cui Proust era attaccato. I mobili odiosamati di casa Proust, la parte che aveva voluto per sé in una puntigliosa divisione col fratello Robert alla morte dell’odiosamata a madre, nel 1905, regalerà nella primavera del 1917 a Le Cuziat “Jupien”, per ammobiliare il piccolo hotel Marigny in rue de l’Arcade n. 11, trasformato in bordello gay. Cosa si faceva a Parigi mentre la guerra marciva accanto.
Adam Gopnik, Proust and the Sex Rats, “The New Yorker”, free online

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