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sabato 28 maggio 2022

Non ci sono rimaste che le stelle

Il presente è squallore, il futuro lunare. Yuri è un ragazzo abbandonato del corviale parigino intitolato a Gagarin perché costruito al tempo del suo primo volo orbitale e inaugurato in occasione della sua visita a Parigi. Abbandonato dal padre, poi dalla madre, poi dalla dona che l’ha accudito, lavora prima a salvare il complesso dalla demolizione, con ingegnose applicazioni da adulto bambino. Poi la messa in orbita della prima stazione spaziale, russa, lo porta a costruirsi, rimasto solo, una sua cabina all’interno del mastodonte abbandonato, dove coltiva ortaggi e sogni.
Un poema della solitudine. A Yuri si affianca una ragazzina rom, semplice e indomabile (incredibile interpretazione di un’attrice già trentenne, Lina Khoudry), e a tratti altri dimenticati della terra. Poco racconto e poco dialogo, ma pensato e anzi rimuginato – i due registi vengono detti documentaristi, in realtà hanno debuttato nel 2015 con un corto, già intitolato “Gagarine”, che è una pre-sintesi del film, con altri attori: Yuri non vuole lasciare il complesso, dove pure è cresciuto e vive solo, è la sua casa, è la sua piattaforma dei sogni.
Il film aggiunge in didascalia molte testimonianze di vecchi abitanti dei casermoni, che, pur avendo provato e ottenuto di uscirne, dopo venti e trent’anni, tuttavia li dicono in qualche modo formativi. La casa è ancora la casa – o è già parte della nostalgia, come la famiglia, i cugini, i fratelli, il paese, il quartiere. Nello sradicamento, corporale e mentale.  
Fanny Liatard-Jérémy Trouilh, Gagarine - Proteggi ciò che ami

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