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lunedì 17 ottobre 2022

I bombardamenti non sono onorevoli, e non risolvono

Bloccato a terra dalla controffensiva ucraina, Putin ritorna ai bombardamenti, missili e droni, con cui aveva attaccato inizialmente, puntando a una guerra-lampo. Che fanno danni a sproposito, e non risolvono le guerre.

L’unica, forse, risolta dal cielo è stata la guerra alla Serbia, tre mesi di bombardamenti, con la partecipazione italiana – una guerra non dichiarata, come pure prevederebbe la Costituzione. Putin con la guerra preventiva all’Ucraina avrà pure voluto evitare il destino della Serbia, colpita con l’invenzione del Kossovo, ma ora si aggrappa alla strategia Nato del 1999.

Il bombarda mento a distanza è parte dell’arte militare anglosassone, britannica e americana, teorizzata e praticata. Il filosofo Bertrand Russell, che è morto da pacifista, una sorta di Greta Thurnberg, benché centenario, della pace, animatore con Sartre del Tribunale Russell contro i crimini americani in Vietnam, era stato nel 1948 apologeta del bombardamento preventivo e atomico dell’Urss – particolare che trascura nella “Autobiografia”: dovendogli dare il Nobel, glielo diedero per la Letteratura.  

Non sono serviti, dopo la Serbia, i bombardamenti in Siria, Libia, Iraq, e nemmeno in Afghanistan - quando non sono stati seguiti dall’occupazione a terra. Come già nella prima guerra del Golfo, e naturalmente nella terribile guerra del Vietnam, che Coppola ha fatto vedere al mondo nella sua crudezza e inutilità. Non sono efficaci militarmente, e sono – sarebbero – passibili di incriminazione come atti di crudeltà: non ci sono bombe “intelligenti”, non nel senso che ne viene diffuso, ci sono sempre vittime “civili”, c’è perfino il “fuoco amico”.

Non si può dire, stando nella Nato, nella strategia anglo-americana, ma i bombardamenti aerei a tappeto, indiscriminati, contro le città, tutte le città una per una, non sono decisivi e non sono onorevoli: si bombardano gli inermi.

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