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venerdì 11 novembre 2011

L’assassinio è puro a Parma, la libertà una colpa

Un uomo uccide per amore. Per liberare l’amata, che mai lo ha amato, di tutte le costrizioni alle quali è o si è sottoposta – per consentirle “di mettere in ato le vendette segrete” che sono “o scopo della sua vita”. Un romanzo “heideggeriano”, sull’essere come apparire. Un giallo scorretto, infrange una delle regole base del genere. La vendetta, alla fine, di Bevilacqua contro i “parmigiani vil razza dannata”, contro i suoi borghesi della sua Parma, il suo mondo di narratore. Con molte anticipazioni: nella città dei Barilla e dei Tanzi c’era già quindici anni fa chi spariva “da un giorno all’altro in Sudamerica”, lasciando ai figli un gruzzolo e una fabbrichetta mezzo fallita, tra le “canne” e la “neve”, e gli strozzini, per inseguire “una nuova giovinezza” e “per non farsi inseguire dall’autorità giudiziaria: frode fiscale, intrallazzi, bancarotte”, nonché gli assessori in galera a schiere e sindaci dimessi d’autorità (già nel 2004 Bevilacqua ne aveva tratto un primo bilancio in “Parma degli scandali”). Ma con uno strano moralismo, a fonte di tanta vitalità: la sua Parma Bevilacqua condanna per libidine, come se la libertà, anche di godere, si volesse bacchettona. La protagonista porta a chiedersi: “Perché, nonostante tutto, aveva ancora quella voglia di gridare, di ballare, di innamorarsi, di stupirsi, di divertirsi, di scoppiare d’allegria, di versare lacrime di gioia, di nuotare all’infinito, di sentirsi più che mai una persona, una donna?”, come se fosse la sua grande colpa.
L’ultimo romanzo di Bevilacqua doveva essere un grande romanzo? Dell’amore puro, che quindi si astiene. Guardone e assassino, ma virginale – “l’assassinio è come l’amore”, cioè “vero, profondo, e oscuro”. L’impianto c’è, grandiloquente: tra “Addii” di Beethoven e Corali di Bach, giardini fiabeschi, luci paradisiache, mondi come voliere, e madri angeliche, sempre al fianco. Con l’aggiunta, nella seconda metà, di Torquato Accetto e la sua divertita filosofia della “dissimulazione onesta”. Bevilacqua vi schiera, in insistite pagine, tutto il patrimonio accumulato da giovanissimo poeta al debutto: la folgorazione (Contini), il grottesco (Ionesco), la natura shelleyana (Bertolucci). Ma l’impianto ambizioso è chiuso – editorialmente? - in gialletto, col titolo semplificato da partita di calcio.
Alberto Bevilacqua, Gialloparma

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