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giovedì 17 ottobre 2013

La gag Moretti

Monologa Nanni Moretti nel libro di Damilano, “Chi ha sbagliato più forte”, secondo l’anticipazione oggi di “Repubblica”, contro il Pd. Contro tutto il partito Democratico. Al coperto dell’antiberlusconismo, ma nel mirino dell’attore-regista c’è solo il Pd, che sarebbe il suo partito. Con toni anche livorosi, seppure con la tecnica dell’annessione – di Veltroni contro D’Alema, di Prodi contro Bertinotti, di Di Pietro contro Veltroni.
Moretti salva solo Prodi. Cioè Renzi. Ma forse non è opportunismo: è una sindrome non inconsueta, soprattutto a sinistra. In cui non si dice o si propone che fare, ma si litiga con questo e con quello. Un fatto di piccolo protagonismo. Che il Pd ha sancito con le primarie aperte: tutti buoni alle primarie, senza mai una selezione. E tutti vincitori morali. Primarie che solo consolidano una piccola burocrazia di partito. Informale e quindi incontrollabile. Non remunerata, e quindi esposta alle tentazioni del (piccolo) potere.
È anche un modo d’essere, questo dell’acrimonia, connaturato all’intellettuale. Ricorre infatti nei giornali, le riviste, i talk show, la saggistica, l’editoria, l’università. L’“operatore culturale” di sinistra esaurisce il suo compito nell’accusa a questo e a quello. Mai autocritico.
Nella conversazione con Damilano Moretti fa dei suoi girotondi l’apoteosi dell’utopia. Può essere, l’unica foto in cui Moretti sorride è dei girotondi. In compagnia di Occhetto (Occhetto?) e Di Pietro – il galantuomo che prese cento milioni da un suo indagato,  anzi da uno che aveva fatto carcerare, e i glieli restituì, in bigliettoni, in una scatola da scarpe, e non è una gag da film, Moretti non si accorge di farla. 

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