Cerca nel blog

sabato 19 ottobre 2013

Secondi pensieri - 153

zeulig

Animalismo – È di Schopenhauer, secondo Nietzsche, “Il nichilismo europeo”, § 26, “I tre secoli”: “Schopenhauer, regno degli appetiti, testimonianza della sovranità degli istinti animali”. Schopenhauer Nietzsche giudica “più veridico” di Rousseau, “ma più cupo”.
Schopenhauer come eponimo dell’Ottocento, il secolo animale: “L’Ottocento è più animale, più terra terra, più brutto, più realista, più popolaresco  e, a causa di ciò, «migliore», più «onesto», più sottomesso alla realtà, di qualsiasi specie sia, più vero; ma più debole di volontà, triste e oscuramente esigente, ma fatalista”. Più del Settecento.

Evoluzione – Dà della vita una miserabile presentazione – Leopardi direbbe di “nullità” (“più scoperte si fanno nelle cose naturali, e più si accresce nella nostra immaginazione la nullità dell’Universo”).

Famiglia – Non c’è nei Vangeli, come non c’era nei testi vedici, nei poemi omerici, e nelle primitive forme patriarcali in cui l’ascendenza era avunculare (consanguineità certa). L’assenza nei Vangeli è inquietante perché essi sono alla base della società e della storia che ancora viviamo.  Gesù rigetta gli obblighi di famiglia – “chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?” E quando uno dei seguaci gli chiede il permesso di andare a seppellire il padre: “Lascia i morti seppellire i morti”. L’adultera Maddalena, che poi sarà venerata per santa, perdona non perché pentita ma per la sua capacità di amore.

Fantasia – Più che l’emozione, dove si colloca esattamente nell’evoluzione? Specie nella forma leopardiana della illusione.

Nichilismo – Fu anzitutto letterario, di Dostoevskij. Un “personaggio” che affascinerà soprattutto i narratori, fino agli anni 1930 (I.Némirovsky, Paul Morand, lo stesso Céline, A.Huxley). Meglio se in aspetto femminile. Giuliano Campioni, editando l’ultimo frammento di Nietzsche sul nichilismo, poi reimpastato da Gast e Elisabeth nel § 55 della “Volontà di potenza”, lo connette a Parigi, all’apprezzamento di Nietzsche per Taine e Paul Bourget (con Taine e Burckhardt si voleva, scrivendo alle amiche, come uno dei tre moschettieri del nichilismo). E in particolare per una novella di Bourget, l’autore dei “Saggi di psicologia contemporanea”, 1885 e 1887, poi tourné narratore, nel racconto “Nihilisme”: che un’affascinante, gelida, studentessa slava impersona, terrorista.  

Pessimismo – “Le grandi verità”, riflette Leopardi nello “Zibaldone”, 3383, “non si scuoprono se non per un quasi entusiasmo della ragione”.

Schopenhauer lo esercita conseguente chiudendosi nel rancore, stanco, decadente. Seppure in posa: sta saldo come roccia nel terrore che evoca, nel vortice del vuoto, e anzi irridente, la sua autostima (autoconservazione) mai vacilla. Mentre gli altri Grandi Pessimisti dell’Ottocento, Leopardi e i wagneriani Nietzsche e Baudelaire – ma meglio sarebbe dirli Distruttori dell’Ottimismo del secolo – ne fanno la molla per una migliore conoscenza, reale, conseguente, operosa.
Leopardi, che vuole il poeta il vero interprete della natura ( “Il poeta non imita la natura: ben è vero che la natura parla dentro di lui e per la sua bocca”, “Zibaldone”, 4372), aveva trovato ventenne che la totale nullità dell’essere pure manifesta nell’opera di genio “una certa bellezza e grandezza che riempie l’anima” (“Zibaldone”, 259 segg.). Anzi, che “lo stesso spettacolo della nullità è una cosa in queste opere che par che ingrandisca l’anima del lettore, la innalzi, la soddisfaccia di se stessa e della propria disperazione”.
Nietzsche cinquant’anni dopo avrebbe impersonato - sulla traccia leopardiana, è vero - questa ambivalenza nell’“apollineo” e il “dionisiaco” della tragedia greca. Concetti  impropri in sé, ma non per quello che significano per Nietzsche.

Scoperta – È riduttiva? È distruttiva: il disvelamento opera nel senso della limitazione delle possibilità invece che dell’accrescimento e della nobilitazione. La verità (razionalità) praticando nel senso della riduzione delle possibilità.

Scienza – È all’origine della depressione dell’epoca? Per la sua razionalità sempre limitativa.

Suicidio - Si cita Plinio, che attesta il suicidio per sazietà presso gli iperborei, popolo del Nord che, vivendo nell’eterna primavera, malgrado le notti lunghe sei mesi, sarebbe stato altrimenti destinato a vita imperitura. Altro precedente è il colonnello Redl, che chiese e ottenne il permesso di uccidersi. O l’impresentabile Dimitri Karamazov, il quale ipotizza il suicidio per entusiasmo. Che c’è, nei kamikaze, nel seppuku, l’evisceramento rituale, nello shinju, il suicidio degli amanti - ma chissà, l’Oriente è misterioso. Alfred Redl, capo dei servizi segreti nell’Austria Felix di Francesco Giuseppe, si vendeva i piani militari alla nemica Russia per pagarsi costosi amanti. Incontinente, fu scoperto per aver corrisposto con fidanzati frivoli, chiese il permesso di uccidersi e, ottenutolo, si sparò. Si suicidavano i soldati giapponesi nell’ultima guerra piuttosto che arrendersi – meglio un giapponese morto che uno vivo?
Il motivo non è rilevante: Claudio l’imperatore si voleva uccidere, narra Svetonio, per il mal di pancia. Si muore di noia, in senso non figurato: il filosofo Egesìa, che insegnava che tanto vale morire, provvide infine per se stesso. O per carenze in un mondo supposto di bellezza e razionalità. Dei pettorali i maori, delle misure canoniche qualche ragazza, di fame. È un esito dell’educazione classica: il suicidio è atto di fede nell’armonia del creato. Lo annota Constant, che non si uccise: “Quelli che predicano contro il suicidio sono fautori della schiavitù e della bassezza”. Fuori gara è Werther, che si uccide per non aver trovato una seconda bambola bionda - oggi si trova di tutto. Poi ci sono gli irregolari. Perché si uccide il colonnello Rocca? Regista occulto del mercato delle armi, ben pagato dalla Fiat? È un caso della specie dei suicidati. Che con sottile metafora il fisiologo Morselli così spiegava all’anomico Durkheim: volentieri mi lascerei suicidare da una strega – o del segreto che non vuole farsi conoscere: segreti condivisi? tangenti non divise? troppe armi ai palestinesi? troppe a Israele? Alcune cose è meglio non sapere.

Superuomo – Wilde se ne può dire la personificazione: ha tutto dello Übermensch di Nietzsche, l’amore e il gusto del bello, l’individualismo, l’albagia. Naturalmente è il superuomo contro Nietzsche – contro l’affanno,  il proselitismo, i valori assoluti benché transvalutati. Cos’è e dove si ferma allora la verità di un concetto. Nella fase realizzativa ma anche concettuale.


Wilde impersona il superuomo di Nietzsche in forma di paradosso, anticipando Borges – ma allora all’insegna rovesciata dell’incredulità.

zeulig@antiit.eu

Nessun commento: