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giovedì 12 febbraio 2015

L’anarchia e l’orrore, della Legge

Un uomo semplice, un bravo meccanico, che ha finito il servizio militare e ha ingranato nel mestiere, si ubriaca festeggiando con gli amici i venticinque anni. La Legge inflessibile lo condanna al massimo della pena, e poi alla disoccupazione. Il bravo giovane allora, condannato per anarchia, si fa anarchico. Se non che i “compagni socialisti” non sono compagni e nemmeno socialisti, ma ladri, assassini e confidenti di polizia. La Cayenna non sarà lontana, e l’assassinio un fatto come un altro. Una rete mostruosa per sfuggire alla quale il brav’uomo si farà schiavo di uno sfruttatore.
Una storia di errori. E di soprusi, della Legge anzitutto, che come ovunque è in Conrad inflessibilmente cattiva – marcia o stupida. Nonché dell’anarchia come violenza, “il cuore caldo e la testa debole”. Uno dei tanti emblemi – i suoi personaggi sono molto emblematici - del conservatorismo di Conrad (formidabile, se il più eccessivo di tutti, il Kurtz di “Cuore di tenebra”, fu la lettura di molto Sessantotto).
È un Conrad “francese”. Su un canovaccio di Zola, e poi di Anatole Frace, seppure con la pretesa, scrisse in una nota di presentazione, di riferire “fatti reali”. Di uno scrittore inglese che pensava in francese – Ford Madox Ford, col quale avevano prodotto insieme due romanzi, ne disse in morte, il 3 agosto 1924: “Fino alla morte ha parlato inglese con un accento meridionale francese che lo rendeva quasi incomprensibile a ogni inglese che non parlasse un po’ il francese: pensava, me l’ha confessato per l’ultima volta a maggio di quest’anno, sempre in francese”.
Il volume è corredato di due racconti, “La bestiaccia”, e “L’ufficiale nero”, di forze maligne, fantasmatiche.
Joseph Conrad, Un anarchico, Konroi Edizioni, pp. 123 € 15

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