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martedì 4 agosto 2015

L'invenzione del comunismo in America

L’“invenzione del comunismo” è un’esagerazione – da parte di Truman, a partire dal 1947. Ma è un capitolo quasi rabelaisiano, in cui tutti  sostengono tutto e il contrario di tutto. E del resto è vero che Truman volle la Nato, la Cia, la Dottrina Truman.
Questa memoria è sul maccarthismo, prima e dopo McCarthy, e con McCarthy, il senatore Usa che processò e condanno centinaia di americani per le loro idee, per essere, forse, di idee comuniste. In polemica naturalmente con la caccia al comunista, ma dal punto di vista della Costituzione. Con l’amarezza – che all’uscita del libro provocò polemiche ferocissime a sinistra – di non vedere mai un fronte unito della politica, o almeno di quella liberalradicale, contro l’abuso del maccartismo.  Famosa è la conclusione: “Non ero sconvolta tanto da McCarthy quanto da tutte quelle persone che non presero affatto posizione… Non ricordo un solo personaggio importante che sia venuto in aiuto a nessuno. È ridicolo. Amaramente ridicolo”. 
Lo storico Garry Wills, in una lunga introduzione a una delle edizioni americane di questa memoria,  lega l’indipendenza di giudizio di Lillian Hellman, non comunista a difesa dei comunisti, alle sue origini, al profondo Sud dove è nata e cresciuta – come lo stesso Wills. Non per un fatto di anticonformismo, ma di saldezza di principi. Lei però riconosce che raccontando semplifica: “Sto facendo naturalmente la mia storia politica troppo semplice: conflitti personali, problemi di lavoro, whisky, troppi soldi dopo “The children’s hour” (una commedia di grande successo a nemmeno trent’anni, n.d.r.), il bello del mio tempo, Hammett, tutto influiva su quello che credevo”.
Con molta aneddotica anche lieve, sebbene sempre legata al maccarthysmo. Un lungo soggiorno a Roma per lavorare a un film per Alexander Korda, regista Max Ophuls, poi non realizzato, con contesse vere e false, vecchi resistenti, e vari stratagemmi riusciti, per giocare il senatore americano e le sue intercettazioni. Lillian Hellman spesso sceglieva Roma negli anni 1950, come la sua amica Mary McCarthy, poi sua nemica, per lavorare, perché era poco cara. A Roma la Cia la controlla al Grand Hotel attraverso i portieri e i facchini – sarà Hammett da New York a farglielo scoprire. E l’agente della Cia che la segue è un suo amico: Lillian Hellman aveva a New York un’“amica scrittrice”, politicamente radicale prima del matrimonio, sposata con uno scrittore, col quale aveva scelto anch’essa di vivere a Roma  La coppia Hellman chiama convenzionalmente Betty e Dick. Dick era l’agente Cia incaricato di controllarla.
Con tanti personaggi di contorno. L’avvocato Ercola Graziadei, che a Roma l’aiuta a sfuuggire alla Cia. La contessa molto romana che in realtà è americana di nascita. C’è Sam Goldwin, oltre a Korda. E di che cosa parlano i mogul  del cinema? Si invidiano i bagni.
È qui che di Dashiell Hammett, suo compagno per trent’anni, anche se non sempre nella stesa casa e neppure nella stessa città, ognuno con amori suoi propri, ricorda che quando lavorava da detective per l’agenzia Pinkerton ebbe la richiesta da un dirigente dell’Anaconda, la compagnia del rame, di uccidere Frank Little, l’organizzatore sindacale, per cinquemila dollari. Lui steso glielo raccontò. Lei ne fu sconvolta, ricorda. Disse solo: “Non avrebbe potuto farti un’offerta del genere se non facevi l’anti-scioperi per Pinkerton”, e si mosse per lasciarlo. Ma lui non si sconvolse: “Sì, signora. Perché pensi che te l’abbia detto?” È il tipico procedimento hellmaniano, dell’onestà: “Raramente (Hammett) parlava del passato se non facevo domande., ma negli anni avrebbe ripetuto (il racconto di) quell’offerta così tante volte che sono venuta a credere, conoscendolo meglio, che era una sorta di chiave della sua vita”. E intende; che sia diventato comunista. Frank Little era stato linciato poco dopo con tre altri attivisti nel cosiddetto Everett Massacre.
Lillian Hellman, Il tempo dei furfanti

 

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