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mercoledì 20 aprile 2016

Quando Torino era capitale della Repubblica

Un omaggio alla Torino capitale ancora d’Italia, economica, tecnologica e culturale, nei primi venti-venticinque anni della Repubblica. Dalle “tote” nubili che mandavano avanti l’amministrazione delle aziende, fedeli fino alla morte, dai nomi familiari ora desueti: Ebe, Virginia, Margherita, Eugenia, Maria Cristina, Emanuela. Ai potenti e sapienti: il mondo della Fiat naturalmente, della Olivetti a Ivrea, a 50 km., del design industriale, dei salesiani, della Einaudi, col corollario delle tante altre editrici innovative, da Boringhieri all’Adelphi, dei primi cantautori, della prima televisione, dopo avere tenuto a battesimo il cinema e il telefono, dove Eco, Vattimo e Furio Colombo fanno le prime prove, da neolaureati subito dirigenti (Vattimo ancora nemmeno laureato), e quello dell’università, molto fertile - e Cazzullo limita il periscopio a palazzo Campana, a Lettere e Legge, senza il Politecnico. Col comunismo virulento, in Fiat e fuori, e un anticomunismo altrettanto virulento, di Edgardo Sogno – che Umberto Saba tanto ammirava - e troppi altri. In una città che in vent’anni triplica la popolazione, fino ai due milioni. Molto laica, ma anche molto cattolica, anzi in modo preminente – di Eco e ancora di più di Vattimo, del cardinale Pellegrino, della Fondazione Agnelli.
Una dozzina di nomi che hanno fatto la cultura dell’Italia nel secondo Novecento, che tutte operavano a Torino negli anni 1950-1960, della maggior parte dei quali Cazzullo ha raccolto e sintetizzato le vive testimonianza, amarcord molto godibili: Bobbio, Benvenuto Terracini, Getto, Pareyson, Alessandro Passerin d’Entrèves, che Hannah Arendt poneva a capo della Scienza politica dell’epoca, Tullio Regge, Abbagnano, Pietro Chiodi, Vattimo. E di letterati che hanno lasciato un’impronta: Calvino naturalmente, Magris, da antologia, con una serie di racconti vivacissimi, Eco, Sanguineti, Ceronetti nato irrequieto, Citati, Arpino, il giramondo Fruttero. Nonché Bocca, Pansa, Furio Colombo. E molti comprimari: Élemire Zolla, torinese resto in esilio volontario, Raf Vallone, un Marco Pannella in servizio militare, liberale. Un “annale” estremamente convincente – la migliore fonte documentale è il brio della ricostruzione.
Aldo Cazzullo, I ragazzi di via Po, Oscar, pp. 296 € 11 

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