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sabato 8 luglio 2017

Letture - 308

letterautore

Borromini – Architetto “navale” lo vuole Ungaretti felice in viaggio verso l’Egitto nel 1931 sull’“Esperia”, “bastimento di lusso”. In contrasto con la decorazione “fare bello” dei saloni, in linea col cattivo gusto coppedé o “parnassiano” o “gaudiano” di moda, l’architettura della nave Ungaretti vede di “rara eleganza”. E non la  decorazione, l’architettura gli richiama Borromini: “Mi viene in mente per contrasto Borromini, architetto che meriterebbe il nome di navale per l’accorato distacco, la vertigine, l’annuvolamento di forme strane sorprese di sfuggita”.

Conan Doyle – Fu molte cose, ma soprattutto dottore, e scientista. Watson è dottore, come CD di una certa esperienza. E incontra Sherlock Holmes in veste di medico legale, all’università, esperto di farmacologia, anatomia, microscopia. E .J.Wagner, la patologa autrice di “La scienza di Sherlock Holmes”, lo dice conoscitore esperto dell’incipiente medicina legale.

U.Eco – È, brillante, lieve, ma politicamente corretto? Di proposito, quasi un opportunista? Lo spirito beffardo e in parte sacrilego non spinge ad assumere interlocutori non “in linea”. Peirce sì, Popper no. Qualsiasi filosofo anglo-americano del linguaggio sì, Chomsky mai. L’interpretazione, tema prediletto, sviuppa prolisso senza mai citare Gadamer. Il postmoderno, senza Lyotard. Come uno che non leggesse, mentre era bulimico e anche onnivoro.
Corrive, conformiste, anche le “bustine”, e più per il piglio irridente. Da sindrome delle vacanze intelligenti. Da “salotto buono”, il vecchio tinello raccolto attorno a zia Felicita-Scalfari, sorridente, a volte magnanimo.

Egitto africano – È rivendicazione contemporanea, a partire dalla tesi di laurea del senegalese Cheikh Anta Diop alla Sorbona, “Nazioni negre e cultura”, 1960. Poi sempre più comprovata, fino a Black Athena”, 1987, del sinologo inglese Martin Bernal – nel quadro di una più vasta semitizzazione della storia. Ma era nozione antica, di prima del nazionalismo, di quando l’unità delle culture non era stata sezionata – e non funzionava a vettore unico, dall’Africa nera, per dire, verso il Mediterraneo lungo il Nilo, viceversa no,  l’africanizzazione dell’Egitto è anch’essa operazione nazionalistica.

Joyce – Le sue traduzioni sono sempre in –evole: lodevole, lamentevole, manchevole.

Media . “La stampa, Watson,è un’istituzione di sommo valore, se solo la si sa usare” – idee precise aveva già Sherlock Holmes, “Avventura dei sei Napoleoni”.

Meismo – Dai selfie al’io-me, senza più freni, diarroico? Il “Corriere della sera” ha una pagina di Teresa Ciabatti, mancata vincitrice del premio Strega, che di sé dice profusamente che non ha mai vinto nulla e anche a scuola aveva promozioni mediocri. Magari inaugura un genere.

Nero – Riproposto come “giallo” da Michel Bussi, le ninfee nere che ossessionarono l’ultimo Monet, era il problema (ossessione) della pittura del secondo Ottocento: il non colore che cattura la luce. Ungaretti in Egitto nel settembre del 1931 se ne sente invaso guardando il deserto al tramonto, senza più il sole e senza ancora le stelle, in una col silenzio, e il vuoto: “Il sole già cade a piombo; tutto ora è sospeso e turbato; ogni moto è coperto, ogni rumore soffocato. Non è un’ora d’ombra, né un’ora di luce. È l’ora della monotonia estrema. Questa è l’ora cieca; questa è l’ora di notte del deserto”.

Peirce – “Il grande matematico e fisico americano”, lo ricorda Popper, “e secondo me uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi”. Sempre ammiratissimo, specie per la capacità logica. Come Umberto Eco dopo di lui, che però non menziona Popper – la citazione di Popper è da una conferenza del 1965.

Sherlock Holmes – Il fascino del personaggio intramontabile, benché tirato via, contorto, affastellato, è detto da Conan Doyle stesso, aprendo la tarda “Avventura della fascia maculata”. È tragico, comico, bizzarro, ma ordinario - professionale: “Lavorando come lui faceva più per amore della propria arte che per lucro, rifiutava di spendersi in alcuna investigazione che non tendesse all’insolito, e addirittura al fantastico”. Le sue storie sono poliziesche al limite con la fantasy.

Ebbe successo in America prima che in Gran Bretagna.

Trovatori – I troubadour, dalla Catalogna all’Occitania, non sarebbero gli imitatori o traspositori della poesia lirica araba, del regno di Cordoba? Di Ibn Arabi, Omar Ibn el Farid e altri numerosi. In una col ciclo cavalleresco, che adattano alla lirica d’amore.
Volendo radicare il Basso Medioevo nel Mediterraneo arabo e islamico (molti temi sono persiani), la poesia cortese è migliore veicolo che non il “Libro della Scala” di Maometto per Dante e la “Divina Commedia”. Grande scavo filologico se ne ricaverebbe, scendendo per li rami a Petrarca e quindi a tutta la poesia profana rinascimentale e post. Un sovvertimento.  

11 Settembre – C’è tutto in un appunto che Ungaretti prese ad Alessandria d’Egitto, la sua città, nell’estate del 1931, pubblicato nel 1959 col titolo che dà il nome alla raccolta, “Il deserto”: “Quando vedo gli Arabi, che sanno il valore dello spazio…. , quando li vedo guardare con avidità un’automobile, e sognare l’aeroplano – tutte le loro leggende sono piene d’uomini volanti – non posso, sapendo che la loro terra è culla d’imperi, non domandarmi se questi mezzi non saranno un giorno voltati contro chi ne ha loro insegnato la manovra”. E non è finita: Intanto non dimentichiamo che l’islam ha una forza di proselitismo nel mondo nero e estremo orientale che va crescendo ogni giorno”.

letterautore@antiit.eu 

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