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mercoledì 21 marzo 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (357)

Giuseppe Leuzzi

L’ex pm dello Stato-mafia di Palermo, Ingroia, accusato di peculato, si difende: “Io in alberghi di lusso? Ci vanno anche i pm”. Probabile. Ma: le toghe che si difendono con chiamate di correo?

Il caciocavallo silano è brand della Puglia. L’ovale calabrese, denominato valencia o navelino, si vende in enormi quantità, preferibilmente dalla Spagna. La clementina di Calabria, protetta da igp, si vende in Europa, Roma e Milano comprese, proveniente da Nord Africa e Spagna. L’olio nei ristoranti della Costa Viola viene in bustina da Crescenzago. La povertà può essere una conquista - necessita sforzi.

Il Sud a rischio
Francesco Drago e Lucrezia Reichlin prendono sul serio il plebiscito meridionale per i 5 Stelle. Sono i soli, vale la pena leggerli. Cominciano ricordando che le cose al Sud sono diverse da come si dice per l’Italia, con “tassi di disoccupazione che sfiorano il 20 percento e in alcune regioni il 60 per quella giovanile”. E finiscono spiegando piano, senza bisogno di spremersi le meningi: “Rattrista vedere come il voto sia stato letto quasi ovunque in modo semplificato, come domanda di assistenzialismo o paura di cambiamento. Non semplifichiamo. La domanda di assistenzialismo nel Sud c’è sempre stata e sicuramente c’è ancora oggi, ma la società meridionale il 4 marzo ha detto qualcosa di più. Abbandonando i partiti tradizionali incapaci di rispondere ai suoi bisogni, ha espresso piuttosto una disponibilità a sperimentare qualcosa che non si conosce e che potrebbe essere migliore dello status quo. Il contrario di una avversione al rischio”. Dopo settanta o ottant’anni di questione meridionale, il Sud resta ignoto, anche ai meridionali.

Risorgimento per ridere
Risorgimento da ridere
La spedizione dei Mille si fece al canto di “La bella Gigogin”, che aveva avuto successo a Milano l’anno prima. Garibaldi compose brutti versi, che qualcuno propose di cantare sulla musica del coro della “Norma”, ma la cosa non piacque, si continuò con “La bella Gigogin”. Di cui è noto soprattutto il ritornello: “Di quindici anni facevo all'amore:\ Daghela avanti un passo, delizia del mio cuore.\ A sedici anni ho preso marito:\ Daghela avanti un passo, delizia del mio cuor.\ A diecisette mi son spartita:\ Daghela avanti un passo, delizia del mio cuor”. Ma è canzone patriottica.
Fu composta nel 1858 a Milano, in dialetto lombardo-piemontese, come invito all’azione a Vittorio Emanuele II. Come tale fu recepita a Milano alle prime esecuzioni della banda musicale cittadina. Anche se gli occupanti austriaci non ne intesero il senso. Al punto che l’aneddotica anti-austriaca vuole che la suonassero nella battaglia di Magenta, all’attacco contro le truppe francesi. Le quali  risposero intonando il ritornello: “Daghela avanti un passo” intendendo riferirsi a Vittorio Emanuele II per l’occupazione della Lombardia.
Questo e altro racconta Luciano Bianciardi in uno dei suoi tanti racconti del Risorgimento, la sua passione, di cui si tace perché è finita dissacratoria. Nel racconto dei Mille, “Il Risorgimento allegro”.
“La guerra per il Meridione era finita; ma già ne stava cominciando un’altra, più lunga, più dura, più sanguinosa. Anzi, più sanguinosa di tutte le guerre risorgimentali messe assieme”. Così conclude il racconto dei Mille. “Ne parleremo più avanti”, promette. Poi se ne dimentica. Ma intanto precisa. “Basti sapere che fu una guerra civile, fratricida, atroce”. Era la cosiddetta “lotta al brigantaggio”.
Bianciardi, garibaldino, non ha grande opinione di Cavour. Ne scrive come di uno abile a sbrogliare le matasse, ma di nessuna visione. “Cavour neanche fece il gesto di recarsi a Napoli e in Sicilia”, dice a un certo punto. Questo è vero. Si può aggiungere che ci mandò a suo nome Lamarmora e Cialdini. Due generali. Due incapaci – come si vedrà a Custoza – e anche stupidi.
Garibaldi si fece eleggere deputato a Napoli, al primo Parlamento, 1861. Liquidato a Caprera subito dope Teano, senza cerimonie, senza mai un invito alle tante celebrazioni dell’unità, si presentò al primo Parlamento unitario come deputato di Napoli.
In chiave revanscista, si parla di neo-borbonismo. Ma una repubblica del Sud con Garibaldi non sarebbe stata molto meglio, dell’unità e dei Borboni? Peggio non avrebbe potuto.

La Repubblica ha separato il Sud
La Repubblica sarà stata la stagione più nuova dell’Italia. Rispetto al Risorgimento che le ha dato origine, che fu classista, perfino oligarchico, e l’ha penetrata fino al fascismo incluso, nei linguaggi, le tematiche, l’assetto politico della società. Nuovi ceti, nuovi interessi, nuovi modelli intellettuali irrompono con la Repubblica: il Risorgimento è di colpo un reliquato notabilare, la Repubblica è operosa, creativa, menefreghista, nuovamente avventurosa, molto curiosa, democratica, populista. Cadono anche le vecchie finzioni, i tre poteri del liberalismo ante 1789, la res publica super partes, il patriottismo obbediente e assoluto, le gerarchie. Sostituite dalla prima, vera, ideologia nazionale: il capitalismo – la sfida, il consumo, gli affari. La res publica della Repubblica è la ricchezza.
Solo il Sud in tanto tumulto rimane quello che era – e per molti aspetti peggiora: era applicato, “testardo”, è neghittoso, era coriaceo, specie nelle avversità, è debole, era inventivo, emigrando, è lagnoso Tutto muta, si trasforma, migliora, peggiora, nell’arco di una vita, una, due, anche tre volte, solo il Sud resta “Sud”. Si sarebbe tentati di dire che peggiora, ma il “Sud” è il peggio per antonomasia. E tuttavia la Repubblica ha “creato” il Sud, come un mondo a parte. E quasi sotto un tallone di ferro: lo ha separato, col sottogoverno, le mafie, il leghismo.

Il Sud valeva più o meno la metà del pil dell’Italia post bellica – industrie ridotte per le distruzioni, agricoltura ancora centrale. Oggi non ne vale un quarto (sulle cifre il discorso non è opinabile, è possibile farlo, andrà fatto).
Si può riportare l’inizio del Sud all’unità, ai Borboni, al Seicento, agli Angioini. La datazione di un’epoca è sempre complessa. Gli storici ancora non hanno  deciso se far finire il Medio Evo a Dante, o alla caduta di Granada, o alla scoperta dell’America. Ma è certo che il Sud come tutto ha avuto un inizio, col suo carico razzista, anche se molto deve agli stessi meridionali. Fino a tutto il Settecento non c’era. Nemmeno fino a metà Ottocento. Non per Goethe, Vivant  Denon, Stendhal, Courier, Lear, i viaggiatori colti. Un carico decisivo ce l’ha messo naturalmente Dumas, che pure è molto “meridionale”, con i suoi “Borboni di Napoli”, sedici volumi in ottavo di nefandezze. Poi vennero i generali di Cavour. E le viaggiatrici, che anelavano ai briganti, e se li inventavano.
La squalifica e il sottosviluppo cominciano con l’unità. Questo è indubbio. Roma non era più pulita di Napoli, o meno povera, e faceva più morti a mano armata. Né Torino più industrializzata. Per non dire del Veneto.
L’unità (il Risorgimento) si può leggere anche come uno sradicamento colossale del Sud. Spiantato e annegato nella turpitudine insieme con i Borboni, che non erano il Sud – e certo erano riformisti e non peggiori dei Savoia. Anatema che Napoli e la Sicilia hanno interiorizzato, regioni urbanizzate e risorgimentali, e hanno imposto a tutto il Sud, con gli sbirri e i prefetti. È l’esemplificazione perfetta dello sradicamento che Simone Weil negli anni 1930 ha individuato e stigmatizzato come la peste dei popoli – “La prima radice”. Anche perché è agricolo – campagnolo, poco urbanizzato, se non per Napoli e Palermo : lo era produttivamente e lo è rimasto mentalmente, per la psicologia sociale. Vittima dello sradicamento delle campagne, che S.Weil individuava alla radice dello “sradicamento” mentale di larghe masse in Europa.
Il Sud Italia è marginale perché è a Sud, come ogni Terzo mondo. Ed è marginale perché è agricolo. La campagna si sente ed è marginale in tutto ciò che conta: la politica, i consumi, le idee. Fare della campagna il centro della modernizzazione sarebbe la ricetta: consumi, abitudini, modi di dire e di essere, l’uso del tempo. Un’utopia in termini di produzione, ma non di funzione vitale.

leuzzi@antiit.eu

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