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giovedì 22 agosto 2019

La fine dei cimiteri

Non muoiono molti di più ogni giorno. Ne muoiono di meno. La popolazione va a diminuire. E le morti di più, diminuiscono di più, perché l’aspettativa di vita si prolunga – siamo la prima lo la seconda popolazione più longeva al mondo. Ma nei cimiteri non c’è posto. Non nelle metropoli, a Roma per esempio, che eccelle anche in questa mancanza. Ma neppure nei paesi, che pure, si direbbe, non difettano di territorio vago, e hanno popolazioni che ogni dieci anni si dimezzano, si riempiono solo per i morti, per i tanti ritorni sollecitati dalle tombe – tornano pure dall’Australia e dal Canada. 
I Comuni non hanno terreni dove costruire tombe. E non hanno nemmeno loculi, se non con lunghe file d’attesa e a prezzi scoraggianti, per periodi sempre più corti.
Non è una delle tante imprevidenze delle amministrazioni. Dev’essere una politica, seppure non detta, di cui le imprese funebri si fanno dapprima portatori: l’incinerazione. Una fine che la Cina di Mao ha avviato e imposto - uno dei suoi punti di attrito più duri col mondo contadino e con la Cina profonda, fondata sulla famiglia. La cosa è andata avanti, e si studia ora una incinerazione a freddo: un po’ di corrente elettrica e il corpo scompare, senza più forni. Lo vuole anche la morale corrente, della cancellazione dell’umanità. E chissà, dei figli che non vogliono spendere per i genitori, uno spreco che altro? – normalmente sono i genitori che muoiono, gli zii, i  nonni.
Dove terreni sono disponibili, è anche vero, i prezzi a mq. di suolo edificabile sono da Piccadilly, o da Manhattan. E le costruzioni pure - benché tutte obbligatoriamente secondo modelli prestabiliti, e precostruiti, in omaggio a non si sa quale uguaglianza, roba in sé povera, solo mattoni e cemento. Uno sproposito – una forma di dissuasione – per non dire no. 
L’accumulazione attraverso la rendita urbana è il principio del capitalismo, ma nel caso dei morti vi si rinuncia. Per una ragione? Non dev’essere da poco – a parte il nichilismo che fa, pensa di fare, specie nei media, tanto cultura.
Non si vogliono più cimiteri, l’istituzione l’istituzione civile più lunga della storia, collante comunitario e reagente della memoria e della storia. Per un mondo provvisorio, senza passato.

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