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mercoledì 21 agosto 2019

Il mondo com'è (380)

astolfo


Guerra totale – Comincia con la Guerra dei Trent’anni – che ci concluderà nel 1648 col Trattato di Vestfalia, “pilastro dell’Europa moderna” (Kissinger). La Germania scese nel trentennio da 17 a 7 milioni di abitanti, tutti civili sterminati.
“Totale” si dice della guerra contemporanea, a partire dalla seconda guerra mondiale, che non seleziona gli obiettivi militari, non risparmia i civili, e anzi ne fa obiettivo dichiarato, specie con la guerra aerea e missilistica. In realtà si è sempre praticata. Come fenomeno di massa a partire appunto dalla Guerra dei Trent’anni, 1618-1648. Una guerra inizialmente di religione, tra cattolici e protestanti, continuata come guerra franco-asburgica – le potenze che via via patrocinarono i protestanti, la Danimarca e la Svezia, ebbero da subito il sostegno finanziario della Francia. Che con Luigi XIII diventerà un pilastro dichiarato del fronte Nord, in sostegno a Svezia a Olanda, intanto entrata in guerra, contro Vienna e Madrid. Col Trattato di Vestfalia la Francia si prendeva le regioni tedesche di Alsazia, Lorena, Verdun, Metz e Toul.

Hitler – Traccia trascurata dagli storici, Hitler trovò nella guerra del 1914-18, che bene o male aveva vissuto (combattuto) un antisemitismo molto violento. Lo rimarca incidentalmente lo scrittore Paolo Rumiz (“Come cavalli che dormono in piedi”, 112), a proposito dei cimiteri delle varie etnìe austro-ungariche sul fronte orientale – un mattatoio più devastante di quello franco-tedesco. Gli ebrei furono vittime di entrambi i fronti, austro-ungarico e russo, ma di quello con più ferocia: “Lo leggi già nel ’14, in quella tremenda estate (sul fronte orientale, n.d.r.) che è solo anteprima del massacro su scala industriale. Migliaia di contadini impiccati, in prevalenza ebrei, perché l’ebreo non prende partito ed è un diverso. Dunque spia per eccellenza. Tormenti inflitti da soldati russi, austroungarici, poi da polacchi e ucraini. Ma gli austriaci documentano meglio, stampano cartoline con gli infami appesi, e i bravi ragazzi se le portano a casa per mostrarle alle famiglie”.
Hitler nasce anche nelle faglie, nascoste, della Mitteleuropa (v.sotto), della violenza ordinaria nell’impero benevolente. Per esempio in Hašek, “Il buon soldato Sc’vèik”, 1912: “Degli hussari-honvéd se la spassavano con due ebrei polacchi, ai quali avevano rubato una gerla contenente acquavite, e ora, invece di pagali, allegri come pasque, li picchiavano sul muso, il che doveva essere loro consentito, dato che a due passi di distanza c’era il lro capitano il quale sorrideva compiaciuto”. Mentre, “dietro un magazzino, alcuni altri hussari-honvéd mettevano le mani sotto le sottane delle figliolette dagli occhi neri degli ebrei picchiati”.

Mitteleuropa - Le testimoniane di Emilio Stanta, triestino, e Alfonso Cazzolli, tipografo a Tione, entrambi arruolati nell’esercito austro-ungarico nella Grande Guerra, che Rumiz sintetizza in “Come cavalli che dormono in piedi”, 79-81, sono di crudeltà ordinaria fuori dell’ordinario. Ne fu vittima Georg Trakl, che a 27 anni, poche settimane dopo l’inizio della guerra, preferì togliersi la vita che essere complice di tanta crudeltà.
Spiega Rumiz, che pure ha nostalgia di Vienna: “In Galizia, nel ’14 e ’15, trionfano esecuzioni sommarie che diventano tanto più sommarie quanto più ci si avvicina al fronte e quanto più i signori ufficiali devono mascherare i loro fallimenti…. Orrori inflitti a presunti spioni  quasi sempre innocenti. Uomini strangolati appesi ai tigli, con sorridenti foto di gruppo, esecuzioni che talvolta sono garrote alla spagnola, che ti spezzano il collo contro il palo come Cesare Battisti, e se manca la corda si usa la cinghia dei pantaloni”.
Di Stanta Rumiz riporta la descrizione minuziosa di una “vittima del capestro austriaco”: “Corpo appeso all’albero in piazza, braccia distese e piedi scalzi, lingua nera che esce di una spanna, lì da tre giorni a puzzare per dare l’esempio”. Con “il particolare grottesco del saluto al morto, prescritto dal regolamento militare”. Cazzolli ha visto “paesi e città incenerite, uomini attaccati a piante, strangolati, donne contaminate a tutta forza, giovani contaminate, martirizzate ed infine legate ad una corda per ogni piede; le attaccavano ai rami di una pianta con la testa all’ingiù, le gambe larghe più che potevano…”

Hubert de Morpurgo – Un aviatore della Grande Guerra, dapprima per l’impero austroungarico, poi per l’Italia. In realtà in appoggio ai “corpi franchi” in Polonia contro la Russia sovietica. Passato al tennis, disputerà la coppa Davis per l’Italia per un dodicennio, ed è tuttora l’unico italiano ad avere vinto una medaglia olimpica nel tennis, con un bronzo alla semifinale di consolazione all’Olimpiade di Parigi nel 1924.
Di padre ebreo, triestino, barone, di madre inglese, era già nel 1911 in Gran Bretagna, dove faceva gli studi, il campione di tennis junior, a quindici anni. È anche l’unico italiano ad andare in finale a Wimbledon – nel doppio misto, con l’americana Elizabeth Ryan.

Una sorta di Internazionale italiana dell’Aviazione anti-bolscevica combatté con mezzi di fortuna nel 1920 in Polonia contro la Russia-Unione Sovietica. Messa su da Camillo Perini, nativo di Pola, pilota austroungarico nella Gande Guerre, e subito dopo, con altri avieri dell’impero disciolto, al fianco della rinata Polonia contro la Russia sovietica. È molto attivo, benché disponga di pochi velivoli, residuati di guerra. E contribuisce sostanziosamente alla guerra di Pilsudski contro i bolscevichi, respingendo i contingenti ucraini a Sud fino a Leopoli, con piccole bombe sganciate a mano.
È una Internazionale molto dandy, che oggi si direbbe di destra, che affiancò di fatto, oltre i polacchi di Pilsudski, anche le forze libere tedesche. Famoso in queste squadriglie improvvisate sarà Uberto di Morpurgo. Con altri italiani, Veniero De Pisa, Virgilio Mastrelli, forse anche Goffredo de Banfield, dandy viennese poi triestino. E con altri assi ex nemici, gli americani Cedric Fauntleroy, Glen Cook, George M. Crawford. Tutti posavano per foto molto curate, dentro giubbotti attillati, sotto cuffie in pelle e occhialoni sulla fronte. e cuffie

Patto Hitler-Stalin – Si passa come ogni anno sotto silenzio l’anniversario (dopodomani è l’ottantesimo) del patto Hitler-Stalin – o Ribbentrop-Molotov, i ministri degli Esteri dei due dittatori. In una cultura giornalistica che vive di anniversari, la cosa è curiosa. Perché quel patto è qualcosa di inimmaginabile, nel senso del mostruoso.
L’accordo fu concluso il 23 agosto 1939, alla vigilia dell’invasione tedesca della Polonia che avvierà la seconda guerra mondiale. Il 17 settembre Stalin sarà già pronto a invadere la sua parte di Polonia – e ad eliminare (a differenza di Hitler!), gli ufficiali dell’esercito polacco nell’eccidio di Katyn pochi mesi dopo, dal 3 aprile al 19 maggio 1940.
L’accordo prevedeva, oltre alla spartizione della Polonia, l’annessione della Lituania alla Germania, e il controllo russo su Estonia, Lettonia e Finlandia. Con la consegna a Hitler dei comunisti tedeschi rifugiati a Mosca – consegna che avvenne. I piani furono poi con molta semplicità, di comune accordo, cambiati: la Lituania passò alla Russia, in cambio di una porzione più grande della Polonia alla Germania.
La tesi è ancora diffusa che Stalin fece il patto con Hitler per guadagnare tempo nella preparazione della guerra inevitabile con la Germania. Era la tesi sovietica, e non regge. Senza il patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939, Hitler avrebbe scatenato la guerra? La risposta è no. E fu Stalin a proporre il patto, divisione dell’Europa compresa. Il Patto fu un momento di verità e non un errore: l’Urss incamerò dopo le vittorie di Hitler più territori e popolazioni della Germania. Sarà poi Hitler a fare la guerra a Stalin, non Stalin a Hitler – a Hitler la facevano la Francia e la Gran Bretagna.
La questione è stata in evidenza in Germania quarant’anni fa, in un dibattito fra storici passato alla cronaca come Historikerstreit - in omaggio al metafisico Streit der Fakultät di Kant. Un dibattito accademico, ma minato dalla politica. Il fatto non era negato dalle parti in contesa, ma la colpa restava indigesta. Ernst Nolte, che l’aveva avviata,  è anticomunista, anche se dal punto di vista storico non ha torto. Il patto Hitler-Stalin durò quasi due anni. Improvvisato, ma non molto: il patto fu firmato il 23 agosto, l’1 settembre la Polonia è invasa da Hitler, il 17 da Stalin per la parte di sua competenza. Che subito dopo attacca la Finlandia. I piani militari non s’improvvisano.

astolfo@antiit.eu

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