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giovedì 19 marzo 2020

Bergamo muore di sufficienza

Non fosse per l’attacco, uno si penserebbe in una storia di pesti e untori. Ma lo storico parla dal vivo, in diretta –“vivo nell’epicentro del contagio, a pochi chilometri dall’ospedale di Alzano, cuore del disastro bergamasco”. E quello che vede sono ambulanze, una ogni sette-otto minuti, bare che si accumulano nelle case, e liste d’attesa di dieci giorni per l’incinerazione. Sapendo di molti più morti di quanto si dice ufficialmente. Si muore di virus a casa. O anche “senza avere mai contratto il virus, ma a causa del virus” – “se hai un infarto qui, oggi, resti in attesa, anche se di tempo non ne hai”.
Barcella non ha tempo o voglia per gli autoelogi che si fa la sanità lombarda. Sa che l’area non è stata dichiarata zona rossa tre settimane fa, come avrebbe dovuto, per non interrompere i voli a Orio al Serio, hub delle low cost, il terzo aeroporto d’Italia. E la produzione in Val Seriana. Dove una popolazione di molti 65 + boriosi si mescola a decine di miglia di lavoratori delle sue “centinaia di aziende”, che mattina e sera fanno su e giù nel trenino della Valle. “La media valle Seriana, oltre a essere molto popolosa, è una delle regioni più produttive d’Europa, tanto che nessuno ha pensato di chiuderla, temendo il disastro economico”.
Tanta superficialità sembra impossibile. Ma è quello che è avvenuto, e ancora sta avvenendo. Infettando mezzo mondo, ma questo non conta.
Paolo Barcella, Perché proprio qui?, “Il Mulino”, 18 marzo 2010

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