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sabato 21 marzo 2020

1966, quando le donne non potevano parlare

Il 16 marzo del 1966 si apre a Milano un’inchiesta giudiziaria che farà epoca: la Procura incrimina tre studenti del liceo Parini, la scuola bene di Milano 1, due ragazzi e una ragazza. Ai tre, Claudio de Poli, Claudia Beltrami Ceppi e Marco Sassano, si addebita l’inchiesta “Che cosa pensano le ragazze d’oggi?”, che hanno organizzato e pubblicato sul giornale studentesco, “la zanzara” – “una smilza rivista”, anche se “uscita per la prima volta nel giugno 1945 con un editoriale intitolato «La libertà nella scuola»”. 
Il giudice Carcasio ha convocato i tre a palazzo di Giustizia per sottoporli a visita medica, come dire che sono tarati. Per poi compilare una “scheda minorile medica”, prevista da una circolare del 1933, che lascia al giudice e al medico, in apposita colonna, una personale valutazione. Di cui Carcasio non nasconde i termini, con pesanti allusioni all’etica sessuale dei ragazzi e delle loro famiglie. La ragazza rifiuta, telefona ai genitori, e un processo si avvia.
L’iniziativa giudiziaria seguiva alcune proteste. Di un gruppo di genitori. Dei “Pariniani cattolici”, emanazione di Gioventù Sudentesca di don Giussani (Gs prima di Cl, Comunione e Liberazione). E il 22 febbraio, su sei colonne, del “Corriere Lombardo”, “Scandalo al Parini” – uno degli ultimi numeri dell’influente giornale milanese del pomeriggio, fondato e a lungo animato da Edgardo Sogno. Non c’era scandalo. Non a una rilettura, ma nemmeno all’epoca: nulla di pruriginoso, tanto meno di osceno, come Carcasio sosterrà. 
“La zanzara” dava voce alla parte femminile del liceo, che all’epoca ne aveva poca o nulla, su tutto: istruzione, cultura, lavoro, matrimonio, morale, religione. Lo scandalo era che le ragazze parlassero? È quello che emerge dalla ricostruzione di Alessandra Gissi.
La storica non nasconde che per l’opinione corrente all’epoca l’inchiesta era una novità. E che le ragazze del Parini non si sottrassero: “Le ragazze interpellate auspicano l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, «libertà sessuale e modifica totale della mentalità». Sostengono che «la purezza spirituale non coincide con l’integrità fisica». La maggior parte si dichiara favorevole all’uso di metodi anticoncezionali durante il matrimonio. Si pronunciano in merito alla recente proposta di legge sul divorzio definita «cauta e limitata», criticano l’ipocrisia come unico collante dei rapporti sociali e personali. Sperano in una vita indipendente”. Ma – erano pure gli anni di Mary Quant, della minigonna e del no bra – niente di osceno: “Insomma, rispondono con piglio ma soprattutto autonomia di giudizio, incluse quelle che si dichiarano cattoliche”.
Segue un processo. Preceduto da una mobilitazione larga in tutta Italia, e da una manifestazione a Milano – “in giacca, cravatta e gonne sotto il ginocchio” - contro lincriminazione. La difesa schiera un battaglione di grandi nomi, gli avvocati Delitala, Dall’Ora, Crespi, Smuraglia, Pisapia padre tra gli altri. Il 13 aprile, dopo sole tre udienze, l’assoluzione: non c’era altro esito possibile. Alla metà degli anni Sessanta l’Italia è ancorata a valori e codici di comportamento tradizionali, mentre il conflitto intergenerazionale non viene intercettato dalla politica”, commenta Alessandra Gissi. Dall’Italia istituzionale, ancora imbalsamata – la politica aveva già svoltato, col primo centro-sinistra, del divorzio e il nuovo diritto di famiglia, dello statuto dei lavoratori, della prima protezione ambientale, e del sistema sanitario nazionale. Otto anni dopo, al referendum contro il divorzio, le donne saranno determinanti nel no, 6-4 - le donne del Sud: in Abruzzo, Calabria e Sicilia, dove i no all’abolizione del divorzio furono la metà, furono tutti di donne.
 “I ragazzi non stanno più al posto previsto per loro”, scriverà la storica Anna Bravo a commento del processo. In Italia. In una certa Italia. Nel 1966, mentre Milano processava “la zanzara”, Mary Quant entrava a Buckingham Palace: la regina Elisabetta la nominava cavaliere, per la liberazione dell’abbigliamento femminile.
Alessandra Gissi, 16 marzo 1966,  “Il Mulino” 16 marzo 2020

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