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giovedì 19 marzo 2020

Von der Leyen sfida la Cina - e Bruxelles

Finalmente Bruxelles l’ha capita, che sfida la Cina – virus permettendo – sul digitale e l’ambiente. Merito della nuova presidente della Commissione, Ursula von der Leyen? Non ne ha sbagliata una, in quasi quattro mesi ormai di governo - i due punti del programma sono di Angela Merkel  della intervista al Financial Times di metà gennaio, ma il suo e un altro mondo rispetto a quello della cancelliera, che pure lha designata (per liberarsene?): renano, europeo, aperto sul mondo. 
In realtà non è Bruxelles che sa cosa fare, è Von der Leyen che prova a rianimare la esanime capitale europea. Non più che sgomenta di fronte ai contagi di massa, forse inebetita dal violento uppercut inglese. Con un programma che punta come è ovvio al futuro, e non al rattoppo, nell’interesse di questo o quel paese o gruppo. In un quadro o conformazione continentale. Senza sudditanza alla Ue ragioneristica del patto di stabilità, che è il Vecchio Continente ha asfissiato.
Cosa ne sarà non si può sapere – finora Bruxelles è sempre stata al di sotto del minimo sindacale. Ma von der Leyen se non altro ha presenti i fronti aperti. E il problema: la dinamica spenta dell’economia europea, in perdita di quote globali e di innovatività. Adagiata, la Germania, su produzioni mature, la meccanica e la chimica. E l’Unione su Greta e la decrescita. Mentre le macchine elettriche le fa la Cina. E la nuova comunicazione digitale, con annessa intelligenza artificiale.
L’Europa non è più al centro di niente, è sulla via di diventare una periferia - Von der Leyen questo non lo dice, ma il suo messaggio lo presuppone. E di perdere anche quel poco che ancora ha. Questa non è una previsione, è una constatazione.

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