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martedì 21 luglio 2020

Il morbo cinese attacca il lavoro

La Massimo Zanetti Beverage inagura glamour a Shenzen, in Cina, la prima caffetteria 24 ore completamente self-service, robotizzata. Come primo passo nell’intelligenza artificiale. È una partenza sbagliata, come se il caffè fosse uno smercio qualsiasi, e non un luogo di incontro e una pausa, un colloquio, sia pure col cassiere e il barista. Ma è la Cina. E il modello che la Cina, retta da un partito Comunista tra i più ferrei, a capo di un paese arretrato, con una forza lavoro immane tenuta alla sopravvivenza, impone a un sprovveduto Occidente di affaristi. Della presunta innovazione continua unicamente mirata non al progresso scientifico o alla ricchezza di tutti ma allo svuotamento dell’Occidente stesso nella sua valvola socio-economica rigeneratrice, la catena lavoro-accumulazione-investimento (innovazione).
Il caffè robotizzato non è un caso. Pieranni del “Manifesto” ha potuto passare una giornata interamente robotizzato, servito da WeChat, come vanta in apertura al suo “Red Mirror”: ha fatto tutto per lui la super app WeChat - la superapp cinese, tiene a precisare, che gli americani  cattivi non riescono a replicare.
La “fabbrica del mondo” prospera sul lavoro servile, nelle paghe e negli orari. Col plusvalore del quale insidia e svuota l’onesta produzione occidentale, che il lavoro rispetta e retribuisce. Non è un caso, è un progetto. Che la “fabbrica del mondo” prosperi arricchendo una miriade di occidentali furbi, delocalizzatori o mediatori di affari, non dice altro, semmai che il progetto è raffinato, ben articolato.
Il vero morbo cinese è l’umiliazione del lavoro. Che è stato il volano del boom economico dell’Otto-Novecento: il lavoro per tutti, a condizioni sempre più dignitose. Per proporre, dietro la vetrina dell’intelligenza artificiale, un mondo di esseri senza arte né reddito. Alle condizioni delle sterminate masse popolari che il Partito Comunista Cinese ferreamente gestisce, che però vengono da secoli di fame, e di sottomissione.


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