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venerdì 3 luglio 2020

Meraviglie di Sicilia – della lingua

Un cantico alla Sicilia, apologia, inno, elegia. La lingua rimemorandone, in una inventio lessicale straordinaria. Spontanea benché ricercata (artificiosa), come per gemmazione incontenibile – una filologia animata dalla semplicità. Da “vecchio siciliano”, cresciuto lettore di Sciascia, una vita poi funzionario Rai a Milano, ma legatissimo all’isola.
Il “gentiluomo di Milano” don Fabrizio Clerici, pittore e quant’altro, suo amico di una vita, Consolo precipita nel Settecento, in giro per disegnare alcune meraviglie della Sicilia, e gliene fa scrivere a donna Teresa Blasco, madonna corteggiatissima nella città della Madonnina - di cui il gentiluomo saprà in fine che va sposa a Cesare Beccaria. Tutto inverosimile, al quadrato, al cubo - Teresa aveva quindici anni quando veniva corteggiata, e il matrimonio con Beccaria, duramente avversato dalla famiglia di lui, farà a sedici. Giusto per dare risalto al piccolo tour, tra le meraviglie di Palermo, Alcamo, “madre di lingua e cuna di poesia”, Segesta, “Egesta degli Elimi”, Selinunte greca, Mozia fenicia, Trapani. Sotto una pioggia, un fuoco d’artificio, un’esplosione mite d’inventiva linguistica. Recuperando alla lingua un patrimonio lessicale di robusta qualità, in forme solo lievemente dialettali, isolane.
Un viaggio movimentato. Fra trappole di mezzane, banditi di passo, pastori sapienti, e il Serpotta trascurato ovunque, luminarie da festa continua, imbandigioni e notti a pane e formaggio, al chiaro di luna, ìn viaggio nell’illusione. La vita lo è, e l’arte. Sono le ombre di Platone, “nell’immensa stasi, la somma e  infinita quiete metafisica, nel modo come spiega il Campanella”. Ma senza filosofia: è un viaggio nel linguaggio, nelle sue infinite possibilità.
Alle origini di Camilleri
Questo Consolo, 1992, è all’origine probabilmente di “Montalbano”, dell’eloquio “vigatese” di Camilleri - che qui potrebbe aver pescato anche alcuni caratteri fissi: il servo buono e scemo, altrimenti impensabile quale agente di Polizia, il brigante giudizioso, e sopratutto il pastore solitario e primitivo ma sapiente. Ma non è inventato: il suo è un recupero, studiato, ampio, affascinato, di un patrimonio linguistico dismesso o in via di dismissione, e tuttavia significante. Non per essere cioè, Camilleri, modo di dire, cifra stilistica.
Il “retablo” è la forma di rappresentazione pittorica nota, di una cornice di più storie. Ma in particolare è “il Retablo de las Maravillas”, “entremès comico del celebre Cervantes”.
Fabrizio Clerici, milanese di Roma, dove si era formato tra le due guerre, personalità illustre delle arti figurative dopoguerra, era intimo amico anche di Savinio, che lo ricorda più volte, e in “Ascolto il tuo cuore città” con iperbolico affetto, come “naturalmente stendhaliano, nell’animo, nel carattere, nel costume”, la persona ideale, “che per una volta è consentito credere che la natura ha fatto le cose a dovere”.
Vincenzo Consolo, Retablo, Oscar, pp. 155 € 13


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