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sabato 19 dicembre 2020

Cnr, centro niente ricerca

Ha trovato il Cnr nel 2014 con 70 milioni di buco, e lo lascia con 70 milioni di buco. Cioè, non lo lascia: la presidenza Inguscio al Cnr è come se non ci fosse stata in questi sette anni, ma il governo la proroga con ogni decreto per l’emergenza covid, fino a fine luglio, poi al 15 ottobre, poi…
Dopo il 15 ottobre non si sa, ma il presidente del Cnr è stato messo lì da Renzi e quindi non si tocca. La presidenza Inguscio è scaduta a febbraio, ma tra le tante pietre d’inciampo che Renzi solleva ogni due giorni al governo, il Mes, la gestione del  Recovery Fund, la direzione Rai, che pure non è scaduta, il Cnr si segnala per la sua assenza. La ricerca è, come l’energia, ancora campo chiuso per la vecchia gestione democristiana del potere, cioè delle università, e il Pd ne perpetua l’infeudamento.
Non è un buon segno per la ricerca scientifica, si direbbe. Ma il Cnr non fa ricerca: è un organismo burocratico che si limita a gestire le spese del personale – la Cgil Ricerca, la direzione Personale e il presidente Inguscio stanno anche fisicamente insieme, nel palazzo a piazzale Aldo Moro. Gestisce i 70 milioni che ogni anno gli mancano, da quando il governo Monti gliene ha sottratto la dotazione.
Lo Stato non fa ricerca. L’Istat dice che l’Italia spende in ricerca lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo. E ha 5,6 ricercatori ogni mille abitanti – cifra assurda, saremmo un popolo di scienziati. Mentre la verità è che lo Stato non spende niente nella ricerca pura, necessariamente pubblica. E la capacità italiana di attirare risorse dall’European Research Council, che finanzia la ricerca in Europa, con un forte contributo italiano, è tra le più basse. Anche se gli italiani sono i primi, o  secondi, per numero di progetti vinti in sede europea. Ma sono italiani che lavorano oltralpe. Il Cnr, che dovrebbe coordinare e promuovere, non sa farlo – non lo ha fatto specialmente in questa lunga gestione “renziana”.
La ricerca si finanzia autonomamente, concorrendo ai vari bandi regionali (le Regioni finanziano la ricerca) e internazionali. Quello che lo Stato spende secondo l’Istat, lo 0,5 del pil o quel che sia, che è comunque la metà della Germania, lo spende per l’industria collegata alla ricerca: lo spaziale soprattutto, i poli tecnologici di Genova e Miano, l’Infn, con i suoi costosi impianti a caccia di particelle.

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