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lunedì 14 dicembre 2020

Lavorare a casa, lavorare di meno e peggio

Ognuno ne ha fatto l’esperienza in questi mesi con i servizi, la banca, l’assicurazione, il fisco, l’anagrafe (è impossibile denunciare una morte….), perfino le prenotazioni online, del treno, dell’aereo, del car-for-rent. Più spesso non c’è interlocuzione, se non dopo estenuanti tentativi. E quando finalmente c’è, quasi mai è risolutiva, anche se si chiede solo di effettuare un pagamento. Lo smart working, il vecchio telelavoro, che si continua a prospettare, su input delle società di servizi, come un assetto progressivo e quasi miracoloso del mercato del lavoro (già si prospetta un crollo dell’immobiliare, per gli uffici sfitti…), molto più agile e redditizio, diventa l’incubo degli utenti.
In Francia, dove un dibattito è stato aperto un mese e mezzo fa da “Le Monde”, il lavoro da remoto, all’inizio valutato positivamente come un “incentivo alla produttività”, ora è visto problematico nella “qualità del servizio”. L’incentivo alla produttività, peraltro, è atteso per un abbattimento ulteriore delle garanzie salariali e di orario del lavoratore, senza considerare il rendimento.

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