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martedì 20 settembre 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (503)

Giuseppe Leuzzi

Maria Chiara Bellantoni, avvocato milanese nata a Reggio Calabria, come da curriculum vitae, lamenta in una lettera al giornale che il luogo di nascita è un handicap nella valutazione chi si fa di lei sul lavoro. Lo ritiene ingiusto, e lo è. Ma è vero che la “narrazione” fa premio. E la parola Calabria suscita sospetto. Non bisogna prendere sottogamba il “tutto mafia”; servirà alle carriere di prefetti, carabinieri e giudici, ma quanti danni.

“Il vero esilio non è di essere sradicato dal proprio paese: è di viverci e di non trovarci più niente di ciò che lo faceva amare”, Edgar Quinet. Per esempio il garbo, la conoscenza reciproca – l’invidia sociale (abbigliamento, postura, automobile, consumi) fa aggio su tutto. Quinet, storico delle “Rivoluzioni d’Italia” e delle religioni, in polemica con i gesuiti e l’ultramontanismo (il papato), fu esiliato da Napoleone III per avere criticato la spedizione del 1849 contro la Repubblica Romana.

L’“ode all’ulivo”, nella piccola preziosa silloge di Giuliana Mancuso “Poesie sugli alberi”, è di poetessa inglese, Charlotte Smith (1749-1806). Il ficodindia è cantato da un poeta tedesco, Rückert il poeta dei bambini morti, dei “Kindertotenlieder” di Mahler: ne scrisse 428. Il Sud non ama la (sua) natura.

Si dà per scontato, i sondaggisti danno per scontato, che Grillo rimonterà al Sud con la propaganda che Conte ha fatto del reddito di cittadinanza. Forse in Sicilia, dove il rdc è diffusissimo – e dove i consigliori di Conte furbi hanno circoscritto al campagna del Sud. Altrove è questo che ha alienato il Sud ai grillini. Per tre motivi. Il dispetto tra chi l’ha avuto e chi no; il dispetto tra chi non lavorando “guadagna” di più di chi lavora, a ore, a giornata, e si passa il tempo vagabondando, in macchina; l’improvvisa mancanza di manodopera giornaliera e stagionale. L’effetto Conte è possibile in Sicilia, dove il rdc è diffusissimo.

Braibanti al Sud

Nel “Signore delle formiche”, il film sul processo nel 1964 all’icona dei diritti gay Aldo Braibanti, Amelio fa pronunciare l’unico panegirico contro l’omosessualità – “mi fa schifo”, etc. – a un giornalista “compagno” appena arrivato dalla Calabria. Che introduce con la classica “zannella”: “Sei di Cosenza?” “No, di Catanzaro” (Amelio è di Catanzaro, lì vicino). E lo mostra nuovamente, dopo il processo, sempre più schifato, anche se con accento non propriamente catanzarese. Ma non dice mai che il giovane Sanfratello e Braibanti furono processati e condannati (il giovane con gli elettroshock e il manicomio) da una famiglia emiliana, di Piacenza. Con avvocati piacentini e romani. E psichiatri compiacenti in tutta l’Emilia.

Il fatto, è evidente, poteva succedere anche in Calabria. Ma non è successo. Amelio, che fa filmoni con la rappresentazione-revisione della realtà italiana, avrebbe fatto bene a denotarlo. Perché ci sono differenze anche in questo, nella percezione dell’omosessualità. Ha voluto allargare il pubblico al Sud, coinvolgendolo con due battute? Ma allora che storia è? Anche perché la percezione dell’omosessualità non era, di fatto, così gretta come ora si tende a dire.

Braibanti era stato giovane studente a Firenze, al liceo e dopo. Attivo negli anni 1940 contro il fascismo, con Giustizia e Libertà dapprima – fu per questo in carcere, insieme con Ugo La Malfa – e poi, dopo l’armistizio, nella Resistenza attiva con il Pci. Insieme con Teresa Mattei (Assemblea Costituente, già coinvolta nell’assassinio di Giovanni Gentile) si era distinto nella Resistenza ai tedeschi, per un tratto prigioniero anche della famigerata banda repubblichina Carità, che distrusse tutti i suoi elaborati, scritti, partiture.

A Firenze, c’è anche da dire, la pratica gay non era fuorilegge: se non negli anni di guerra, subito dopo non c’era l’abominio: c’erano anche locali notturni per gay. Il Braibanti degli anni 1960, quando si stabilì a Roma, fu ben introdotto e ebbe liberi rapporti in tutti gli ambienti artistici, musicali, teatrali. Poi il processo, “celebrato” a Roma, dalla Procura romana, su azione della famiglia piacentina.    

Il bidet del Risorgimento

Lo storico Andrea Merlotti, direttore degli studi alla reggia di Venaria, fa sul “Sole 24 Ore” di Domenica 18 la storia della classificazione del bidet nell’Ottocento come “strano istrumento a forma di chitarra”. Una classificazione riportata nel 1990, spiega, nel catalogo di una mostra alla Reggia di Caserta, che ne era provvista, senza paternità. Che successivamente, “col progressivo affermarsi di scritti di storia sempre più critici verso il Risorgimento”, viene imputata ai Savoia, a un loro notaio incaricato dell’inventario dei beni della reggia che avevano acquisito con l’unità. E quindi utilizzata “come manifestazione della presunta ignoranza e della rozzezza dei Savoia e dei «piemontesi» rispetto alla cultura e alla raffinatezza dei Borbone e dei «napoletani»”.

Merlotti ne rintraccia l’origine nel semiserio “Dizionario moderno” di Alfredo Panzini, alla sua ottava edizione, nel 1942, attribuita a un ufficiale giudiziario ignoto: “Oggetto di ferro a forma di chitarra per uso sconosciuto: da un inventario di ufficiale giudiziario” – allora l’oggetto in ferro era in grande spolvero nella conversazione maschile per l’uso che se ne faceva nelle case chiuse.

Merlotti è storico sabaudo (“più di cento” pubblicazioni di storia sabauda, recita nel cv). Ma si astiene e non lo dice. Si astiene dal rilevare che il revisionismo meridionalistico elimina una forte pietra d’inciampo: l’unità d’Italia fu una rivoluzione. Una grande rivoluzione, in tutta Europa e anche fuori, specie nelle Americhe, del Sud e più del Nord. Di eco duratura. A premio sull’unificazione contemporanea della Germania. E senza controindicazioni. Garibaldi e il garibaldinismo furono a lungo di consolazione in tutti gli ambienti europei, anche conservatori – e sullo sfondo pure Mazzini, per la Repubblica Romana.

Sudismi\sadismi

Volendo far sorridere su una marachella patria - gli “omissis da Guinnes dei Primati” con cui a Bolzano Vicentino si sanziona un abuso edilizio – il veneto antimeridionalista del “Corriere della sera”, Stella, racconta della Regione Calabria, degli omissis con cui la Regione nel 2013 deliberava il pagamento del vitalizio a un suo ex consigliere. “Un vitalizio sette volte più alto del reddito pro capite calabrese”, a un consigliere condannato per mafia. Senza dire che era condannato in appello, e che l’anno dopo, alla conferma in Cassazione, la pensione fu sospesa. Ma, soprattutto, omissis della Regione Calabria, dieci anni fa? Nessun altro precedente, per ridere oppure no? L’antimeridionalismo come malattia.

Napoli

Folla di politici per la traslazione del sangue di San Gennaro dalla cripta all’altare Maggiore, per l’atteso miracolo: Di Maio, 5 Stelle, Franceschini, Pd, ministro della Cultura, il renziano Rosato, l’ex berlusconiana Mariarosa Rossi. E il miracolo c’è stato.

Esce oggi negli Stati Uniti un voluminoso libro su Napoli, “The Serpent Coiled in Naples”, che avvinghia Napoli. Autore Marius Kociejowski, “libraio antiquario” a Londra, “poeta, saggista, scrittore di viaggi”. Un “travelogue”, così l’editore, un libro di vagabondaggi, “una meditazione sulla mortalità e molto altro”. Di una città che “negli anni recenti è diventata, per il meglio e per il peggio, la nuova ‘destinazione’ in Italia”. Ma il “serpente” sa di morte, sempre secondo l’editore: il Vesuvio, la camorra, i Campi Flegrei (“che geologicamente costituiscono la seconda area più a rischio del pianeta”).

Il travelogue di Kociejowski, che da bambino chiese ai genitori, mamma inglese padre polacco, di essere chiamato Mario dopo che lo portarono a un concerto di Beniamino Gigli, si vuole importante. Esce accompagnato da recensioni entusiaste dell’“Economist” e dello “Spectator” in Inghilterra, e del “New York Times” e del “New Yorker”. Anche Marius-Mario risolverebbe l’inafferrabilità della città col concetto di porosità, che Walter Benjamin introdusse.

Poros il Rocci dà per mezza colonna come passaggio, cammino, via, anche mare (“il mare Jonio” registra in Pindaro). E da ultimo, con una sola citazione, dà “I lapidei” di Teofrasto, per roccia non compatta. Categoria nella quale la Treccani comprende anche la lava. Quindi non nel senso commune (ma anche di tanti interventi di letterati e architetti) della porosità come adattamento, malleabilità.

Leggendo Pirsig, “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, parte manutenzione della moto, un catorcio, e parte massimi sistemi, affetti, conoscenza, etc., si è inconsciamente rinviati a Sohn-Rethel, alla sua codifica dell’arte napoletana della manutenzione in “Filosofia del rotto”. Che però nessun narratore, napoletano e non, a parte rapidamente Walter Benijamni, ha sviluppato. Come se la “manutenzione”, sbrogliarsela, non fosse napoletana. 

Tre giorni di “sculture di luce”, le luminarie delle feste religiose nei quartieri e nei paesi del Sud, per Marinella Senatore a Parigi, al Palais de Tokyo, dopo il Beaubourg di cinque anni fa. Per il ventesimo anniversario del rifacimento del Palais stesso, una costruzione Novecento del 1937, come più grande centro espositivo europeo di arte contemporanea.

“Clochard ammazzato a Napoli. È stato il «battesimo» di un killer?” “Un motociclista spara con la pistola contro gli avventori di un bar vicino piazza del Plebiscito a Napoli”, in pieno centro, caffé affollato, dalle foto. È una città in cui la vita non conta niente, e per questo ha sviluppato il culto dei morti?

Si dice Napoli s’intende Campania – Napoli è metropoli, è il paese, come Parigi è la Francia, Londra l’Inghilterra, Madrid la Spagna. E dunque è tutta napoletana la terza vita erotica di Berlusconi: con Noemi Letizia, di Casoria, Francesca Pascale, e ora Marta Fascina, di Portici.

Ha la più alta concentrazione di assegni come reddito di cittadinanza, 440 mila. Su 600 mila nella intera regione Campania. Per una popolazione metropolitana di tre milioni: uno su sei-sette. Una enormità.

Si celebra a Forno (Massa Carrara) ogni anno con un premio per le scuole, “Pace, libertà, democrazia”, il maresciallo Ciro Siciliano di Portici. Maresciallo dei Carabinieri, fu fucilato il 13 giugno 1944 da militi della Xma Mas con l’accusa di non avere difeso il presidio dai partigiani. Il maresciallo è medaglia d’oro della Resistenza, ma Portici non lo sa. Napoli non ha memorie di resistenza – ma non ha fatto le “quattro giornate”, a fine settembre 1943, cacciando i tedeschi da sola?

Non cessano le celebrazioni di Maradona, di Saviano dopo Sorrentino, e altre si minacciano. Non c’è altro a Napoli da qualche anno, si direbbe di Maradona che ha avuto da ultimo il grande merito di morire per riempire il grande vuoto di Napoli. Curioso, ma è così. Una città che pure dal calcio ha altre soddisfazioni, anche ultimamente.

leuzzi@antiit.eu

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