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giovedì 12 gennaio 2023

Senza immigrati non si lavora - o mano ai sessantenni

La Fondazione Consulenti del Lavoro, cui fa capo la ministra del Lavoro Marina Calderoni, calcolava a novembre che nei quattro anni 2023-2026, a fronte di un fabbisogno di 4,3 milioni di posti di lavoro, poco meno di un terzo, 1 milione e 350 mila, resterà inevaso.
A dicembre, Unioncanere e Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro, ha calcolato che quasi la metà, il 45 per ento, delle assunzioni previste a breve termine sarà di difficile attuazione. L’indice della difficoltà di reperimento di forza lavoro risultava raddoppiato, rispetto al 22 per cento registrato nel 2017, da un lavoratore su quattro, a due su quattro.
Per il futuro le prospettive sono peggiori, in dipendenza dall’“inverno demografico”, dalla scarsezza di nascite in Europa. Cui dovrebbe sopperire l’immigrazione. In Germania il governo calcola un fabbisogno di 400 mila nuovi immigrati l’anno, e studia come facilitarne l’assimilazione: facendo pesare, olre i ricongiungimenti familiari, l’età, l’esperienza professionale, e la conoscenza della lingua.
Una ricerca dell’Agenzia del Lavoro tedesa calcola che nel 2035 verranno a mancare sette milioni di lavoratori. Per rimediare suggerisce ultericori facilitazioni al lavoro delle donne, per ampliare la platea, soprattutto delle donne immigrate, e il rientro in attività, in determinate mansioni, degli ultrasessantenni.

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