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martedì 15 febbraio 2011

Il reo e le erinni: giustizia a Milano

Magris registra sul “Corriere della sera” domenica la leadership soft della Germania di Merkel in Europa. Alla fine deve fare un amaro confronto fra il centro-destra tedesco e il centro-destra italiano. Non volendone gravare l’Italia, denuncia “la melma che sale dai tombini e che non è certo la fregola di signori attempati, di cui troppo si parla, bensì l’indistinzione fra vero e falso, vita e recita, politica e talk show, bigotteria e bestemmia, fatti e notizie che li riportano e inventano”. Infine.
La cronaca d’altra parte ricorda, nello stesso giorno, il sempre più frequente passaggio in Germania dei servitori dello Stato a remunerativi incarichi privati. Per ultimi il presidente della Bundesbank Weber, il presidente della Repubblica Kohler, e alcuni ministri. L’ultimo cancelliere socialdemocratico, Schröder, è passato alla Gazprom – forse per mantenere le quattro mogli.
Lo stesso giorno in cui Magris denuncia i fatti inventati dalle notizie, lo stesso giornale, il “Corriere della sera”, pubblica la foto della “non conclamata” (Sgarbi), all'epoca, prostituta bocconiana Tommasi col ministro La Russa, due interisti allo stadio ad agosto. Ma non dice che la foto è occasionale e la Tommasi già preparava il suo marketing. La Russa aveva smentito il giornale, che non aveva potuto controbattere, sulle rivelazioni napoletane dell’illustre bocconiana.
Non c’è invece take, per quanto esperto e lusinghiero, che dia un’immagine accettabile delle giudici che a Milano a Pasqua condanneranno Berlusconi, o di Valeria Fedeli, la capa dell’antiberlusconismo a Milano. Uno vorrebbe ben essere contro Berlusconi, e per la giustizia e per le donne, ma come si fa? Da una parte c’è un signore lasciato a settant’anni dalla moglie, con gran squallore di trombe, che subisce improvvisa l’angoscia della vita sfuggita, il fascino vergognoso delle ragazzine. Dall’altra queste veroniche erinni, che si erigono a tribunale di una condanna già pronunciata. E la giustizia?
All’apparenza è tutto divertente: Milano, si sa, è frou-frou. Anche fregare Berlusconi con queste donnette. Anche cambiare governo, e magari votarne uno, si fa a cuor leggero, non muore nessuno. Non fosse per la giustizia. Di cui Milano arcigna – Milano, dietro l’apparenza, è durissima – s’è impadronita, e da vent’anni usa come una clava per gestire l’Italia, sottraendole ogni libertà, la quale è primariamente politica. Altrove tutto sarebbe molto squallido, qui bisogna invece averne paura.
Delle due teste dell’idra che ci stritola, ha scritto questo sito, una è destinata finalmente a cadere. È possibile, anche se Milano domina perché “tutto vi si tiene”. Ma non è consolante. Intanto le teste sono tre: resterebbero sempre o Bossi e i giudici di Milano, o Bossi e Berlusconi. E poi Milano non è solo la politica dell’antipolitica, il golpismo dei giudici: è un universale ramificato conflitto d’interessi, o uso della funzione pubblica (giustizia, opinione) a fini privatissimi. Di Rizzoli Corriere della sera contro Mondadori, di Bazoli contro Geronzi, di Intesa “banca dei preti” contro Unicredit-Mediobanca-Generali, e in queste ore dello svuotamento di Unicredit, appena venduta a 2,40 euro.

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