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sabato 19 febbraio 2011

Gli Usa per un islam terza potenza in Asia

Il sovvertimento in corso nel Medio Oriente non potrà non avere effetti sul prezzo del petrolio, e un’altra crisi petrolifera colpirebbe soprattutto l’Asia, a partire dalla Cina, oltre che l’Europa. La valutazione in corso alla Farnesina del mutamento di strategie mondiali alla Casa Bianca comincia a trovare nel fattore energia un primo fondamento. In aggiunta, beninteso, alla estraneità in cui l’Europa è stata tenuta, malgrado l’interdipendenza e il legame privilegiato, dalle amministrazioni americane sulle loro intenzioni. Ora che il sovvertimento arabo ha preso, con la benedizione di Obama, e di Bill e Hillary Clinton, gli stati del petrolio, nel Nord Africa e nel Golfo, un primo orientamento si è precisato.
Queste le prime deduzioni del nostro ministero degli Esteri. La sovversione continua a essere di segno confuso: più democratica? meno democratica, cioè militare? Per ora è solo tradizionalista, e anzi islamista, in antitesi alla modernizzazione dei vecchi gruppi militari ora esautorrati, in Tunisia e in Egitto, che era anche laica. In assenza di lumi da Washington, che in teoria sarebbe contraria all'islamizzazione, ci si chiede perché Washington la sosteiene. Per irrobustire nel mondo arabo la componente nazionalista, è la risposta. Da indirizzare verso l’Asia, ora che l’antioccidentalismo non ha più senso.
Una analisi nel solco di dottrine tradizionali, ma quella del bilanciamento della potenza è una delle più durevoli - recentemente rilanciata da Kissinger come dottrina delle potenze regionali. Nella globalizazazione il mondo arabo deve confrontarsi con l’India e la Cina, suoi primi clienti e partner commerciali, più che con l’Europa,. E non più con gli Usa, che si presentano come il forziere sicuro delle rendite e gli averi finanziari - la globalizzazione si fa nel segno del dollaro.
Si parla del resto sempre meno di Medio Oriente o mondo arabo. L’area d’interesse è più vasta, e ha comune denominatore nell’islam. Comprende infatti anche l’Iran, di cui si dà per inevitabile un ripensamento della politica estera finora solitaria, con o senza l’opposizione al governo. E il Pakistan.

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