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martedì 18 dicembre 2012

La giustizia a scoppio ritardato, ecco la mafia

Si sequestrano a cadenza patrimoni malavitosi ricchi e visibili. Di cento-duecento milioni, con corredo di castelli, quadri d’autore, panfili, Ferrari, gioielli. Che non sono stati acquisiti ieri ma sono frutto di una lunga carriera di estorsioni, furti, rapimenti, spaccio. Nell’impunità, contro ogni legge che voglia definirsi tale.
Oggi a un certo Purpo di Roma sono stati sequestrati tre macchine da oltre 100 mila euro, una Ferrari, una Audi e una Mercedes, due maximoto, otto appartamenti e 18 conti bancari. Un anno fa sempre a Roma si fecero videate interminabili degli ori e altri oggetti preziosi in capo ai Casamonica, clan di cui tutti  a Roma hanno sempre saputo che gestiscono la malavita nella zona orientale della città. Mentre a Lerici il rapimento di un imprenditore, si pensa a scopo estorsivo, è stato preceduto da una serie di denunce inutili, da parte dei vicini, di angherie, furti e pedinamenti di gente estranea e sospetta.
È quello che si fa con i clan di mafia, ‘ndrangheta e camorra: si sequestrano patrimoni frutto di decenni di reati, quasi tutti a danno di altri non criminali cittadini. Che in quei decenni hanno perso i beni, la tranquillità e la salute, mentre i criminali si ingigantivano per la sola prolungata impunità, di decenni e generazioni. Punto d’attrazione irresistibile per il reclutamento. L’esperienza è ormai lunga al Sud di questa giustizia a scoppio ritardato. Per ragioni peraltro che esulano dalla giustizia – che è prevenire, e punire i colpevoli: vendette politiche, vendette mafiose. 

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