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mercoledì 19 giugno 2013

La bella Italia (che non fu) di Bakunin

Una lettura emozionante, di un altro mondo, un’altra Italia – questa solo possibile. Sono poche pagine: gli articoli e le lettere sull’Italia di Bakunin, che nella penisola passò tre anni, dal 1864 al 1867, “visitandola in lungo e in largo, a piedi, sui piroscafi, in carrozza e in treno”, prendono la metà del libro (la citazione è dall’introduzione di Lorenzo Pezzica, che cura anche una lunga biografia). Ma bastano a far intravvedere un altro esito del Risorgimento. Pianamente, non nei fumi messianici con cui si ammorba la figura di Bakunin. Candidamente. Negli anni in cui Torino e i Savoia ammorbavano l’Italia – “tanto peggio tanto meglio” era la cifra già nel 1865. Condannando quella che era stata la speranza dell’Europa e l’unica sua rivoluzione riuscita, all’informe Italietta, dei traffici e del malcostume, che ci portiamo dietro da un secolo e mezzo, senza dignità, nel pettegolume. È informe pure la reazione, in questa Italia, incapace.
È un’altra dimensione, anche, della politica, quale oggi non si saprebbe immaginare.
Michail Bakunin, Viaggio in Italia, Elèuthera, pp. 143 € 12

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