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venerdì 6 marzo 2015

L’età del lamento

Se fa freddo fa troppo freddo - improvviso, eccessivo, insostenibile. Se caldo troppo caldo – umido, arido, afoso. Si muore anche, di freddo e di caldo. Morire non è una novità, ma nuovo è l’allarme. Senza contare che ogni linea di temperatura implica un mutamento climatico – “dove andremo a finire?”
Per l’Italia è una novità. Fino a non molti anni fa le previsioni del tempo erano burocratiche, dell’Aviazione. Ora abbondano i siti meteorologici, giorno per giorno, ora per ora, paese per paese, e i media fanno del tempo la notizia principale.
Si direbbe una buona notizia: segno che non ci sono problemi urgenti. E invece no, è un’altra pietra della demoralizzazione. Che si accompagna al non fare, alla burocratizzazione: una costosissima inerzia.
L’Anas non libera le strade come dovrebbe, da frane o neve: dichiara lo stato di isolamento, e va a scaldarsi con l’aperitivo. O d’estate: ci vogliono tre pattuglie per spegnere un piccolo focolare lungo la strada, dello sbadato  che ha buttato la cicca accesa. Si chiami il 112 per segnalare l’inizio d’incendio: pronto arriva il milite. Arrivano in coppia, uno controlla il fuoco, l’altro chiama l’Anas. L’Anas interviene per chiamare i pompieri. Infine, ma un’oretta è passata, arrivano i pompieri, quando bastava una pala.

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