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lunedì 19 settembre 2016

L’umorista è un malinconico

Racconti da ridere in cui non si ride. Nemmeno si sorride, né si irride. Racconti malinonici, anzi: Il ragazzino cattivo”, “Il ragazzino buono”, il lunghissimo “Gita di piacere”. Il cattivo prospera, il buono non prospera, la vacanza – l’idea di vacanza - è noiosissima.
Mark Twain è famoso per le battute: nemmeno una qui. Sì, a Bermuda, dove un signore americano decide di prendersi infine una vacanza, ma si esaurisce nella cipolla: l’isola di “un milione di gatti” tutto esaurisce nella cipolla, a Bermuda la cipolla è tutto. E nei “discorsi da treno”, che si fanno anche sulle navi - ricordi della vita monotona da pilota di battello sul Mississippi che Mark Twain fece nella prima incarnazione. 
Si può sempre argomentare che l’umorismo resta insondabile. Ma la verità è che Twain non è Twain in questi primi racconti, da lui labellati umoristici. Lui è l’autore di solide malinconie, “Huckleberry Finn” e “Tom Sawyer”, le battute non contano. E che l“autore umoristico” per definizione non può far ridere: la risata non è un genere codificabile. 
Mark Twain, Tre racconti umoristici, Il sole 24 Ore, pp. 79 € 0,50

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