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domenica 14 ottobre 2018

Al musical non si addice l’opera

Tanta bella musica, un’orchestra che si delizia di fare a meno dell’accademismo, e una “Maria” d’eccezione, Nadine Sierra. Ma “West Side Story” è un musical, che all’opera ci perde – e più ancora all’opera in forma concertistica. Con le scene – e le musiche - di movimento ridotte a brevi didascalie: “I Jets si scontrano con gli Sharks”. “Tony accoltella Bernardo e lo uccide”. I cantanti esiliati dietro l’orchestra. Il coro costretto a mosse – le coriste simulano il mambo… - che non sa fare e non dicono niente, per mimare il movimento. È nel ruolo solo “Anita”, Tia Architta, che in Sud Africa aveva cominciato col musical.
Pappano e Santa Cecilia vogliono onorare Bernstein, le celebrazioni, cominciate la passata stagione, continuano in questa che “West Side Story” ha aperto. Elevandone, sembra di capire le intenzioni, il musical a opera classica. L’entusiasmo è molto, specie dell’orchestra che volentieri asseconda Pappano. Questa prima stagionale è impegnativa, ma fa solo rimpiangere il musical. La professionalità di chi sa ballare, cantare e recitare insieme, e fa la specificità di “West Side Story”, che altrimenti è un Romeo e Giulietta newyorchese.
Leonard Bernstein, West Side Story, Antonio Pappano, Orchestra e coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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