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lunedì 4 novembre 2019

Il Muro ci proteggeva

Non è andata tanto bene dopo la caduta del Muro trent’anni fa. Siamo impoveriti,  relativamente, e insicuri, più di quando c’era il Muro. Non bene com’era andata prima, dalla fine dela guerra. Non all’Europa, di cui si è perduto il concetto e il ruolo. Non all’Occidente, per i destini che inevitabilmente si separano, gli Stati Uniti sono pure sul Pacifico e nell’intero mondo. Non all’idea di progresso, che è falsa, ma è pur sempre un antidepressivo. Il Muro ci proteggeva, proteggeva l’Europa. Che è adulta e anzi vecchia, e dovrebbe essere saggia, ma non lo è.
Il Muro ci proteggeva dagli inutili nazionalismi, annosi. Da allora è un seguito di guerre e guerricciole, dall’ex Jugoslavia all’Ucraina - contro la Russia.... Proteggeva dai venditori e illusionisti del capitale – gli specialisti del fare soldi. Dalla paura: ci sono più paure ora, che non c’è nessun rischio, di quando c’erano i russi a Berlino, e bisognava tenere aperto l’ombrello atomico.
Viviamo sotto la psicosi della crisi, costante, della fine: del sole, del mondo, dell’umano, delle nascite, dell’Europa, dell’Italia. Invadente. Tutto finisce, certo, ma c’è modo. Ora è come se si fossero aperte delle chiuse, il mondo si vive in stato alluvionale.
Cadendo il Muro è venuta a cesare l’appartenenza, protettiva? È quello che Tabucchi fa dire a un suo personaggio de “Il tempo invecchia in fretta”: “Grazie a un muro uno appartiene a qualcosa, sta di qua o di là, il muro è come un punto cardinale, di qua c’è l’Est, di là l’Ovest, sai dove sei”. Col Muro sono caduti i riferimenti? La voglia? Bisogna avere un nemico esterno per tenere a bada i nemici interni e intimi.

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